L’ho visto
stamattina. Aveva uno sguardo beffardo. Gli occhi di chi sa. O crede di sapere.
Sdegnosi
occhi. Altezzose ciglia.
Il
sorriso delle sue labbra era gelido. Vi si annidava un malanimo sinistro, come
chi gli altri guardi dall'alto. Come chi si senta superiore.
Fanculo
è la prima parola che gli ho rivolto. Non ha risposto, ovvio. Non si
abbasserebbe mai al mio livello. Quaggiù fra i dannati. Lui forse si sente
un angelo, portatore della Parola. Forse portatore di una nuova lieta novella.
Forse ha dimenticato che il più superbo di loro adesso si trova laggiù, lontano
dalla luce e prigioniero della sua stessa rabbia. Un lago di feroce gelo
lo avvolge e lo blocca, come dice il poeta.
Ho
sentito i suoi occhi addosso tutto il giorno. Pugnali dalla punta poco aguzza
piantati nelle scapole, che premono e lacerano. Non tagli netti e puliti ma
squarci slabbrati, che presto diventano purulenti e infetti.
Non mi
ha lasciato nemmeno per un momento.
Intorno
a me sentivo che era presente, anche se non lo potevo sempre vedere. Ma
spuntava qua e là in una vetrina, in un'auto o davanti al computer. A volte
appariva improvviso, come un fantasma malevolo e scorbutico.
Il peggio
è stato vederlo negli altri. Di lontano era difficile. Forse l'effetto non era
proprio quello.
Ma da
vicino eccolo lì. Nei loro occhi. Che mi guarda col sopracciglio alzato. E la sua
espressione diventa la loro. Come se scivolasse in loro una repulsione nei miei
confronti. Come se il suo atteggiamento si sciogliesse nelle loro anime.
E io
mi sono trovato solo. A battere inutilmente ancora una volta su questi tasti
bianchi. Che devo continuamente fissare, per non vederlo. E non essere rapito
dal suo sguardo sarcastico. Per tentare in tutti i modi di scansare la verità e
fingere di non capire.
Anche
se so. Ho sempre saputo. Che quello sguardo così privo di gentilezza, quello
sguardo sdegnoso verso il prossimo, freddo e acido, altro non è che il mio.
___
un racconto breve di AGO
Sempre più riflessivo e profondo ogni volta che viene letto. Complimenti AGO
RispondiEliminaGrazie per averlo letto più volte e nonostante tutto averlo apprezzato.
EliminaMistico, confuso, criptico, veloce, rapido. Reale.
RispondiEliminaÈ così che è.
EliminaNonostante il finale non arrivi proprio "a sorpresa" (o almeno così è stato per me) l'efficacia non si perde, aiutata dal testo breve ed incisivo. Bello il paragrafo sulla solitudine e sulla scrittura come placebo.
RispondiEliminaMartina
In realtà la scrittura è solitaria ma è confortante la condivisione.
EliminaUna affascinante riflessione sulla riflessione.
RispondiEliminaCerte volte, da ragazzina, l'idea di non potermi guardare in viso se non rispecchiandomi in qualcosa - e dunque vedendomi sempre distorta, contraria - mi dava vertigini di ansia :)
Pirandelliana memoria della percezione di sè, non trovi. Riflettiamoci
Elimina"Che cosa succederebbe se il volto umano
RispondiEliminaesprimesse fedelmente tutta la sofferenza di
dentro, se l'espressione traducesse tutto il
tormento interiore? Riusciremmo ancora a
conversare? Non dovremmo parlare
nascondendoci il volto con le mani? La vita
diventerebbe decisamente impossibile se i
nostri tratti palesassero l'intensità dei nostri
sentimenti. Nessuno avrebbe più il coraggio di
guardarsi allo specchio, perché un'immagine
insieme grottesca e tragica mescolerebbe ai
contorni della fisionomia macchie di sangue,
piaghe sempre aperte e rivoli di lacrime
irrefrenabili." - Emiil Cioran
Il tuo racconto ha rievocato questa frase di uno dei miei autori preferiti, che ahimè non leggo da anni. È un complimento :)
Grazie del complimento. Non conosco quell'autore ma provvederò a colmare la lacuna.
Eliminasecondo me caro ago, e la butto lì, se questo invecchia anche al posto tuo hai fatto bingo ;)
RispondiEliminacome al solito, stile impeccabile.
Ne dubito. Per ora mi limito ad un azzeccatissimo ambo su Roma...
EliminaGrazie, comunque
sono arrivata al tuo blog per caso..mi sono fermata a leggerti..completamente rapita!!
RispondiEliminaMolto bravo..complimenti..
Ciao Alessandra, ringrazio gli dei della Rete che ti hanno fatta capitare per caso qui. E ringrazio te per le belle parole. Mi farebbe piacere sapere cosa pensi degli altri miei lavori.
EliminaBellissimo complimenti
RispondiEliminaGrazie Paolo. Spero vorrai perdere altro tempo e leggere altri miei racconti.
Eliminaseguo blog da una settimana, ma tempo indietro trovai su internet questa frase: 'E io mi sono trovato solo. A battere inutilmente ancora una volta su questi tasti bianchi. Che devo continuamente fissare, per non vederlo.' non ricordo se sul tuo blog o meno, ma ho sempre desiderato saperne qualcosa di più. Ti ho trovato!
RispondiEliminaCara Valentina ti ringrazio per avermi cercato e sono felice che tu mi abbia trovato. A questo punto non ti resta che dirmi cosa pensi dei miei lavori. A presto!
EliminaMolto interessante questo racconto AGO,in questa tua opera stavolta non mi ci rispecchio solo io (come in quasi tutti i racconti) ma tutti,nessuno escluso.
RispondiEliminaPurtroppo è vero quanto scrivi, e mi permetto di aggiungere che il nostro volto è modellato in base a quello che teniamo dentro (i nostri problemi,le nostre frustrazioni..),volto che comunque influenza anche gli altri.
E si tende a fare una critica di sè stessi,e si arriva nel peggiore del casi ad ODIARE sè stesso.
In un vecchio film americano (di cui purtroppo non ricordo il titolo) il protagonista disse:
"Odio il mio capo,lo ammazzerei, con quella faccia di merda... e il mio capo purtroppo sono io
Non sempre il capo riesce a venirne a capo (scusa come al solito il gioco di parole),anzi molto spesso il capo che può sembrare una sorta di Dio in terra,in realtà è un povero diavolo.
Non so se quanto scritto c'entra,il racconto essendo enigmatico magari vuole sottolineare altro,ma ho provato lo stesso a inserire le mie considerazioni e spero di averne colto il "nocciolo" della questione!
Bisogna essere critici con sé stessi ma anche buoni con noi, poveri diavoli
EliminaI peggiori difetti che si vedono negli altri sono i propri