mercoledì 13 giugno 2012

Il tempio - racconto breve


Il grande tempio si affaccia maestoso sul lato est della piazza. Dall’alto domina i tetti della città. Le sue vie, i palazzi. Da ogni sua strada o vicolo è possibile scorgerne il tetto. Tegole rivestite di  lamina d’oro. Splendente.
Sul frontone le statue di santi antichi, parlano di atti eroici ed obsolete battaglie. Accanto, uomini e angeli annunciano la buona novella. I loro gesti eloquenti illustrano alla popolazione il corretto modo di piegare il capo in preghiera. Devozione cieca.

Mi avvicino timoroso e sporco alle bianche pietre. Il viaggio è stato lungo. Faticoso. Lascio che la facciata mi sovrasti. I pannelli bronzei del portale sono aperti. Dall’interno mi arriva alle narici l’odore dell’incenso. Inquietante. Finalmente, dopo giorni di duro cammino, sono arrivato.
Piano entro in quest’immensa cattedrale. Sono accolto da una selva di colonne di bianco marmo, picchiettate dai raggi del sole. Le vetrate istoriate li hanno vestiti di colore. Caleidoscopio. I capitelli lontani riportano figure. Sono distanti però. Troppo. Il buio li avvolge.
Ai piedi delle colonne il pubblico, i fedeli, è immerso in un brusio d’attesa. Al suono argenteo di una campanella, tutti si alzano. Entra il Gran Sacerdote. Con il suo seguito di paffuti chierici e preti.
Dal fondo della navata riesco a cogliere la ricchezza delle sue vesti. I fili d’oro. Le pietre preziose. La sua voce però rimane lontana. Gira le spalle a noi, alla sua gente. Si rivolge all’altare.
Con le mani volte in alto, prega. O così sembra.
Sono immobilizzato. Mi guardo intorno. Vedo marmi, pareti decorate. Vedo ori.
Sento l’odore dell’incenso e quello delle parole dette a mezza voce da uomini e donne smarriti.
Vedo nicchie piene di ceri, testimoni di ex-voto che ardono. Inutili suppliche.
Sono arrivato fin qui. Ma Dio qui non c’è.
Allora torno a casa. Calpesto le mie orme, quasi cancellate dal vento. Punta su tallone. Il vento ora mi percuote l’altra guancia.
Risalgo le discese. Giorni che diventano notti.
Finalmente arrivo alla mia casa. Apro l’uscio.
Mi accoglie l’odore familiare delle cose note. Il volto sorridente di mio figlio.
In silenzio si avvicina. Io mi inginocchio sulla soglia. Pieno di polvere e speranze infrante. A capo chino.
 Lui mi abbraccia.
Sono avvolto dal profumo dei suoi capelli. Dal calore del suo corpo.
Non avevo bisogno di andare tanto lontano.
Proprio qui. Quotidianamente accanto.
Dio è.

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4 commenti:

  1. Mi avevi abituata a finali piu' sorprendenti pero' bello...

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  2. Bel finale e bel racconto,molto spesso si tende a cercare ciò che in realtà abbiamo sempre avuto.
    Non voglio fare una critica sulle chiese,sul Vaticano e sui preti,quello che voglio dire e che Dio c'è sempre e ovunque, dico soltanto e che purtroppo la chiesa nel corso della storia ha sputtanato in toto la religione,e di esempi ne potrei fare moltissimi

    Qui nel racconto assistiamo difatti a questo protagonista che cercava Dio in questo "tempio" maestoso,spettacolare,vistoso e appariscente,ma che solo alla fine lo trova anzi..lo ritrova
    Il figlio del protagonista o anche la famiglia in generale difatti li possiamo simboleggiare a Dio,si sa.. i figli sono una benedizione
    e la famiglia e sacra.
    E dio c'è comunque, chiesa o non chiesa....

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