Manlio Dellastiara chiuse la porta del locale, avendo cura di girare
il cartello dal lato “closed”. Non aveva le chiavi e si augurava che quello
bastasse a tener lontani i malintenzionati.
Poco prima il Menestrello gli aveva svelato alcune cose, che lo
avevano lasciato sconvolto e preoccupato. Il tessuto del mondo si stava
smagliando, lasciando entrare frammenti di fantasioso orrore, che non solo
Manlio ma l’intera società sembravano aver tenuto fuori da sempre.
Mondi che si sovrapponevano, universi paralleli, mostruosità
inconcepibili si erano riversate come verità rivelate nella già complessa vita
del nostro tenente, che faticava non poco a tenere il passo con tante
informazioni.
Un accenno lo aveva già trovato nelle parole di Kriss, che il
Menestrello conosceva e dalla quale era stato inviato in soccorso. Ma avere una
spiegazione semi razionale di cose che razionali non erano, lo stava mandando
ai matti.
Pensieri senza coerenza galoppavano nella sua testa. Solo dopo alcuni
istanti si accorse di avere ancora la mano saldamente stretta alla maniglia di
Endi’s, come un naufrago aggrappato a un salvagente mandato dalla Provvidenza,
per non annegare in quel mare di paure sconosciute.
Il Menestrello lo stava aspettando qualche passo più in là, con
un’espressione paziente appesa alla faccia. Sapeva per esperienza che elaborare
queste verità richiedeva tempo. Era conscio però che di tempo non ce n’era e
quindi tornò indietro, per offrire il braccio al tenente sconvolto e portarlo
con sé ad affrontare l’ignoto.
Sapete tenente, disse battendo con noncuranza la mano su quella di
Dellastiara, lo so come vi sentite. Anch’io all’inizio di questa mia nuova vita
ebbi svariati momenti di difficoltà. Dico nuova perché è come passare
dall’essere cieco al vedere. Il vostro smarrimento in fondo è normale. Tuttavia
non posso credere che voi non abbiate mai avuto alcun sentore di ciò che vi
dissi poco fa. Pensateci bene, vi prego.
Manlio rifletté. Attentamente. In effetti il lato oscuro e misterioso
del mondo lo aveva sempre affascinato. Aveva sempre vissuto con un sesto senso
all’erta, che lui chiamava “il sesto senso da sbirro”. Era capitato spesso che
questo lato del suo carattere gli avesse dato una gran mano a cavarsi d’impiccio
o trarre le conclusioni esatte. Ebbe la certezza di aver visto spesso
particolari occulti ai più, ma che per lui risultavano del tutto evidenti.
Collegamenti tra le cose.
Il ritmo costante dei passi guidati dal Menestrello sembrò riportare
ordine nei pensieri confusi del tenente. Senza accorgersi del percorso, si
trovò di fronte alla centrale di polizia. Il Menestrello lo aveva condotto lì,
senza che gli fosse stato richiesto. Il tenente capì che quello poteva essere
il punto giusto da cui partire.
Ora vi lascio tenente, però ricordatevi una cosa: nomen omen.
Accennando un lieve inchino col capo, il Menestrello svelse il braccio
da quello del tenente e si allontanò nell’ultimo buio della notte
A est il sole cominciò la sua faticosa battaglia contro le tenebre,
ricacciando le ombre dentro gli stretti vicoli della città, sotto ai letti e
dietro alle maschere finte della gente.
Manlio entrò in centrale. I pochi agenti del turno di notte lo
guardavano perplessi, ma lui non ricambiò i loro sguardi. Filò dritto verso il
suo ufficio.
La scrivania non era più ingombra di carte. Gli scaffali erano stati
sistemati, i libri allineati con cura. Persino la foto del Presidente della
Repubblica era stata spolverata.
Sentì subito l’ambiente estraneo. Non c’era neanche il ricordo del
terribile odore di Sergio, così andò svelto verso la sala del computer dove
trovò l’operatore che sonnecchiava con la testa appoggiata alla mano.
Rambaldi! Gridò il tenente sbattendo la mano sulla scrivania. Il
giovane poliziotto quasi cadde dalla sedia per lo spavento.
Con l’adrenalina che pompava a mille, l’agente Rambaldi scattò in
piedi, facendo cadere la sedia, poi si girò per raccoglierla, ma urtò il tavolo,
facendo traboccare il caffè ormai freddo dalla tazza mug lì appoggiata.
Comandi, disse l’agente Rambaldi.
Allora Rambaldi, siediti e ascoltami. Con attenzione se puoi, disse il
Tenente pizzicandosi con pollice ed indice la radice del naso. Ora tu metti
mano alla rete e mi fai una bella ricerchina su alcune parole. Voglio sapere
queste parole da dove derivano. Quali sono le etimologie e poi di queste
parole, che sono un nome ed un cognome, voglio conoscere la diffusione nel
Paese la frequenza. Scartabella i tuoi archivi e fammi sapere subito cosa
diavolo significano.
Quali sono le parole da cercare Tenente? Chiese Rambaldi trattenendo a
stento il balbettio e il timore che l’improvviso avvento del suo superiore gli
avevano suscitato.
Le parole sono: Manlio e Dellastiara. Nomen omen, caro il mio agente
Rambaldi.
Vai ora.
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un racconto breve di Ago
lo sai che la ricerca etimologica è una di quelle cose che adoro tanto, da bravo studente di lingue? leggerò il prossimo episodio con ancor più passione :)
RispondiEliminaPeriodo prolifico, vedo! Bene così!
finalmente sapremo...
RispondiEliminaIn questo episodio il tenente Dallastiera si avvicina sempre di più alla verità,scabrosa per quanto possa essere,questa vicenda deve essere risolta,non è un normale caso di polizia,ma è qualcosa che va oltre l'immaginabile.
RispondiEliminaCi ho azzeccato abbastanza riguardo un commento precedente ossia che Dellastiara ha un intuito particolare e che riesce a "vedere" dove altri non vedono.
La parte della centrale di Polizia è ben rappresentata,metti in scena uno scorcio di vita tipico da Questura,l'agente sonnacchioso o poco sveglio c'è sempre comunque
:-)
È come se manlio avesse qualche legame con l'Occulto...
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