mercoledì 15 giugno 2011

La Grotta - racconto breve

La marcia è dura. I piedi si fanno pesanti dentro questi stivali fatti di pelle scadente e cartone. Comunque procediamo.
Siamo in cammino da cinque giorni ormai. Non noto il paesaggio che sfila intorno a me. Io sono fermo in questo continuo susseguirsi di passi. Destro. Sinistro. Destro. Sinistro. La sera le spalle sono piaghe. Lo zaino taglia le carni ed il peso del fucile ogni minuto aumenta. Stiamo andando alla guerra.
Non so neanche più chi sia il nemico ormai. Prima gli americani e gli inglesi. Poi i partigiani. Ora i tedeschi, forse. So soltanto che quando arriveremo non sarà per riposare, ma per sparare. E uccidere. Dovrò uccidere degli uomini, senza neanche aver capito il perché. Loro mi spareranno, è ovvio. Forse loro il perché lo sanno. Speriamo di morire per qualcosa almeno.
Mia moglie dice che sto andando a liberare l’Italia. Ma da chi?
In questi cinque giorni l’Italia la stiamo attraversando. Stiamo andando verso nord.  La gente parla in ogni paese una lingua un po’ diversa. Che non sempre riesco a capire. Alcuni ci hanno accolto, rifocillato e lasciato riposare. Altri ci hanno persino sparato contro. È tutto un gran caos.
Da questa mattina stiamo attraversando le montagne. La strada in terra battuta sale rapidamente lungo il crinale di questi monti freddi. Poco prima di mezzo giorno le nuvole si sono radunate e hanno coperto questo timido sole. Ha cominciato a cadere una pioggia fine e gelida, che in breve ci ha bagnato fino alle ossa. La marcia sta diventando una tortura, ma dobbiamo proseguire. Il fronte ci attende e il nemico non è molto paziente. Se non arrivassimo da lui per tempo, sarebbe lui a venire da noi.
Finalmente il tenente ci ordina l’alt. Ha visto una grotta sul fianco del monte a poche centinaia di metri sopra la strada. Mi dice di andare in perlustrazione.
Mi tolgo lo zaino e vado. Quel miraggio di un luogo asciutto e sicuro mi ridona le forze. Non mi dimentico però quelle regole che in poche settimane di addestramento ho imparato, quindi il mio avvicinamento si fa cauto e guardingo. Salto da un cespuglio ad un albero. Striscio sotto una frasca e mi acquatto dietro un ramo. Solo quando sono in prossimità della grotta penso ai miei compagni in piedi come bersagli nel mezzo della strada. E sorrido.
Mi affaccio all’ingresso della grotta. Non è molto grande ma è asciutta. Entro e mi sembra tutto tranquillo. Sul fondo una piccola apertura sembra immettere in un altro ambiente. Mi avvicino e mi affaccio. Niente. La torcia è quasi scarica ma illumina a sufficienza l’ambiente per permettermi di dichiararlo un posto tranquillo.
Quando mi volto per uscire mi viene in mente Maria che sorride. Le sue mani calde ed il suo alito fresco. Il paese in festa e noi ebbri di gioventù e desiderio che ci allontaniamo dalla gente per stare soli. Fu in una grotta come questa che per la prima volta lei si concesse a me. I suoi occhi colmi di gioia e la sua pelle. Questo è quel che vorrei adesso. Come mi manchi Maria e sono solo passati cinque giorni. Mi manchi Maria e non so se ti rivedrò ancora.
Una folata di vento mi riporta in questa fredda giornata di pioggia. Mi affaccio e segnalo ai compagni, che piano si avvicinano.
Il tenente ispeziona frettolosamente l’ambiente, ma si vede che è la stanchezza a decidere per lui. Stendete le coperte, mangiate e riposatevi. Domani si parte all’alba. niente luci, niente fuochi.
Alcuni aprono scatolette, altri si gettano a dormire senza neanche togliersi le scarpe. Anch’io mi stendo subito ed il brusio di fondo mi culla in un sonno agitato, pieno di incubi strani.
Nel sogno sono disteso nella grotta, immobile. Vedo orribili spettri che escono dalla cavità nera sul fondo e si aggirano in mezzo ai miei compagni che dormono.
Hanno la pelle pallida e le dita adunche. I loro volti sono pallidi come teschi ghignanti, uguali a quelli che portano ricamati sui vestiti grigi e sui cappelli.
Ciò che davvero mi terrorizza è il silenzio. Non sento niente nel sogno. Mi sembra di essere immerso in un liquido denso. Gli spettri si muovono intorno a me allungando le dita gelide verso i miei compagni. Li guardano, li sfiorano. Al termine di questa loro danza macabra uno di loro si gira verso di me. Non è più un teschio. Sono io. Ha la mia faccia con  un’espressione beffarda che gli segna il sorriso freddo come una lama.
Mi sveglio con un sobbalzo. Dall’imboccatura della grotta entra la luce di un alba pallida. Avverto uno strano odore metallico mescolato ad altri più tenui che non riconosco. Intorno a me i miei compagni dormono. Una parte della mia mente è ancora legata al sogno, infatti non sento nulla in quella terribile semi oscurità. Allungo la mano verso l’uomo accanto a me, ma lui non si muove. Lo scuoto sempre più forte. Sempre più forte. Ma lui mi ignora. Allora mi alzo e gli afferro una spalla per girarlo. Il suo volto è sereno. Sembra che dorma. Ma è morto. Uno squarcio scuro gli attraversa la gola. Il petto è pieno di sangue che ha formato anche una pozza nera sotto di lui. Vado dagli altri. Li giro uno ad uno. Sono tutti morti.
Gli spettri. Sono stati loro. Sono usciti dal mio sogno e hanno ucciso i miei compagni. Tutti. Anche il tenente là nell’angolo, leggermente scostato dagli altri. Hanno succhiato le loro vite e se ne sono andati. Da dove sono venuti? Dall’apertura sul fondo della grotta? È forse uno degli ingressi dell’inferno? Devo fuggire da qui!
L’alba mi trova accucciato sotto un albero, sporco di fango e fradicio di pioggia. Non so come sia arrivato lì. Sono stanco e affamato. Sono solo. E perduto.
Sto tornando a casa ora. Da quella notte non riesco più a dormire. Ogni volta che chiudo gli occhi torno in quella grotta scura, dove si aggirano spettri orribili col volto di teschio, che è il mio volto, e che mi guardano sorridendo vaghi e malvagi.
Perché mi avete risparmiato?
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4 commenti:

  1. Molto bella la sensazione di angoscia, che proietta il lettore nella guerra: non nel fragore degli spari, ma nell'ansia e nel timore. Azzeccata anche l'idea del sogno, che poi è incubo, e quindi una mezza realtà.

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  2. gli spettri orribili riconoscono se stessi nelle faccie degli uomini. se ti risparmiano è perché hanno in serbo qualcosa di altrettanto orribile.

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  3. Agghiacciante il finale!!
    AGO questo racconto mi ha stupito,considerando che prende in esame un periodo storico a me molto caro

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