Sai mi sono innamorato.
Ma va? Chi è? La conosco?
No
Com’è? È carina?
Quando la guardo, vedo il mondo intero. Non c’è niente che le si possa paragonare. Perdo ore e ore a guardarla e a godere della sua bellezza. A volta, dopo aver fatto l’amore, fingo di dormire, perchè così anche lei si addormenta ed io posso, sapendola perduta nei suoi sogni, adorarla in silenzio, con tutta l’anima in tripudio, perchè lei è con me.
Molto romantico.
Già.
Ti vedo felice. Tuttavia c’è qualcosa, un’ombra, non saprei.
Sono felice. Quello che tu vedi, amico, non è un’ombra di tristezza o preoccupazione. È solo un segno di ciò che tra noi è accaduto. Non è amara ma dolce, perchè è come una cicatrice riportata in una battaglia vittoriosa. Per quanto possa aver sofferto ho vinto. Abbiamo vinto. Io e lei. So che può sembrarti strano ma tu non sai, com nessun altro, ciò cha abbiamo affrontato e superato, quali siano state le nostre gioie e le nostre lacrime. Non conosci l’espressione dei suoi occhi dopo che litighiamo. Vorremmo chiederci scusa ma è imbarazzante ammettere i propri errori, eppure una forza strana che non so nominare ci denuda l’uno davanti all’altra e siamo noi stessi, nella nostra vita comune, che ci fa dimenticare i piccoli rancori e il confronto diviene voglia di ricominciare.
Non è quello che intendevo. Qualcosa di più profondo di un semplice litigio ti ha segnato l’espressione.
Quello che ti ho detto è vero. Ma hai ragione. Non è tutto.
È doloroso per te ricordare?
In un certo senso. Perchè quella notte soffrì tanto e la cicatrice ancora un pò duole, ma un piccolo passo abbiamo compiuto.
Ricordo un piccolo litigio, per un motivo che a me sembrava sciocco ma che a lei importava moltissimo. Non era un semplice capriccio. Era come se le stessero togliendo l’aria e lei tentasse di aggrapparsi disperatamente ad ogni appiglio per tornare a respirare.
Poi la corsa sfrenata in auto. Io che la inseguivo spaventato a morte, mentre una pioggia battente rendeva le strade pericolose. Quando si fermò, mi accostai vicino, per chiuderle la via d’uscita, salì sulla sua auto per parlare, ma il litigio degenerò. Ci insultammo. Gli dei mi perdonino per come la trattai in quel momento, ma una rabbia furiosa mi aveva invaso e anch’io stentavo a ragionare. Piansi tanto tornando sulla mia macchina. Poi lei se ne andò ed io la seguì fino al fiume.
Il fiume?
Si.
Continua, ti prego.
Lasciò la macchina quasi sulla riva e fuggì verso quella che, nel suo dolore, nella sua paura, vedeva come la salvezza. L’oblio. Le acque gelide che avrebbero posto fine alla sofferenza. I gorghi erano per lei pericolose sirene, che l’attraevano promettendole pace. Quanti passi compì più di lei la sua disperazione? Cosa pensava? Quali erano le sensazioni che provava? I suoi occhi accarezzavano per l’ultima volta il chiaro di luna, le piante, il fango, mentre con quei passi incerti eppure rapidi, si avvicinava alla morte.
Il cuore mi balzò in gola, quando la vidi e per poco non mi schiantai con l’auto. In un secondo fui fuori e la rincorsi. Afferrandola per un pelo. Abbracciandola. Mentre il cielo ricominciava a piangere freddo.
Lei era.. dei... era, non so. Pallida. Disperata. Vagheggiava di una liberazione da questo mondo e da se stessa, che mi spaventò. Voleva andarsene e rimanere. Voleva la morte ma la vita ancora la cercava. Vedeva me ed il fiume con ciò che per lei rappresentavamo. Lui con la fine dei dolori, dei litigi, invitante e pericoloso. Io con tutte le mie contraddizioni, che erano le sue e quelle della vita stessa. Con le fatiche e le incertezze, ma con la meta della felicità.
Io avevo una paura, una disperazione, che mai mi capitò prima. Tutto il mio essere era proteso verso di lei, pieno della speranza che almeno una piccola testimonianza del mio amore le potesse arrivare. E in fine arrivò.
Non penso che sia merito mio. Fu lei stessa a decidere di non compiere quel passo.
La pioggia aumentò. Ricordo l’odore dei suoi capelli bagnati, che amo come allora. Non so spiegarti come quel profumo mi fece godere come forse mai prima di allora del nostro starci accanto.
La notte non finì così.
Le sue paure non sono finite, non sono del tutto superate. C’è ancora qualche cosa in lei che si è momentaneamente nascosta, sempre pronta a balzare fuori e ghermirla. Lei teme. È così fragile. Teme di perdere l’equilibrio ad ogni passo e cadere in quelle acque.
Non hai paura?
Ho paura che tutto ciò possa tornare nei momenti in cui la vita sarà difficile. Ho paura che la malia di qui gorghi ritorni. Ho paura di non riuscire a renderla felice. Eppure non mi do per vinto. Noi ci amiamo e su questo costruiremo la nostra felicità.
Sembra un po’ egoistico da parte tua. Sembra che il tuo obiettivo reale sia la tua felicità e che la sua sia solo un mezzo per raggiungerla.
È vero. La mia felicità dipende dalla sua. Perchè l’amo. Questo mi ha fatto veramente intendere i miei sentimenti. Questo legame fortissimo che ci fa sentire uno parte dell’altra. Non siamo uguali. Anzi. Siamo complementari.
Lei è ciò che a me manca e così io per lei. Abbiamo trovato l’unico altro essere che ci completa. E se lei per me è tutto questo, vuoi che non desideri saperla sempre felice. L’unica cosa che mi spaventa davvero è pensare di non essere all’altezza delle sue esigenze e delle sue speranze.
È tuttavia eccoci qui, ogni giorno, per continuare questa avventura. Per compiere insieme questo viaggio con la forza che ci dà la certezza del nostro amore.
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romantico ago.
RispondiEliminalei è la stessa di tutti gli altri racconti
EliminaQuesto commento è stato eliminato dall'autore.
EliminaBello questo "il fiume"
RispondiEliminaMa per quanto si possa amare quaalcuno (in questo caso una donna e io ne so qualcosa) ti ci "puoi" anche gettare nel fiume per lei/lui ma questa persona non tarderà a mostrarti insoddisfazione e ingratitudine.
Ne so qualcosa anch'io, ci sono alti e bassi.
EliminaQui è come stare sulle montagne russe.