lunedì 11 luglio 2011

Incubo - racconto breve


Le pareti di questa stanza mi vengono addosso. Sono muri gommosi, sordi. Il soffitto cola su di me in una melassa appiccicosa e soffocante. Nera. L’unica luce proviene dalla fessura sotto la porta. Striscio verso quell’illusione di fuga. Accosto la bocca per aspirare un soffio d’aria fresca, ma quello che sento è un puzzo orribile. È l’odore della paura. Lo spazio intorno a me si sta facendo sempre più piccolo. Ho paura ma le grida si bloccano in gola. Aiuto. Sto impazzendo. Ormai non ho più spazio vitale. Sono premuto da ogni parte da questa massa gelida. Non posso più respirare. Muoio.

Con un grido mi alzo e getto via le coperte. Sono bagnato di sudore. Cazzo che sogno orrendo. Mi volto verso mia moglie, cercando con una mano il suo corpo caldo. Lei si volta. Dalla bocca striscia un serpente dalle scaglie smeraldine. I suoi occhi gialli colano come cera fusa fuori dalle orbite. I capelli sul cuscino avvizziscono e diventano cenere. La sua pelle calda si inaridisce e si secca. Con un balzo esco dal letto e cerco di aprire la porta. La trovo chiusa, allora tiro con tutte le mie forze, picchio i pugni, la scuoto. Finalmente la maniglia gira, apro ed esco.
Mi ritrovo ancora in camera. Tutto sembra tranquillo: il respiro di mia moglie, il ticchettio dell’orologio, la luce dei lampioni che filtra dalle imposte.
Cerco di calmarmi e mi accosto al letto. Era un brutto sogno, mi dico. Quando mi siedo però non trovo niente sotto di me e precipito. Precipito in un pozzo nero. Attorno a me voci spettrali sussurrano parole indistinte. Precipitando il suono aumenta e le voci cominciano ad urlare. Un grido ritmato, fastidioso.
La sveglia.
Merda, penso. Non devo più mangiare messicano. Mia moglie si sveglia con un grugnito, facciamo colazione e ci prepariamo per la giornata. Quando usciamo da casa ci separiamo con un mezzo ciao.
Dopo poco sono seduto in auto, imbottigliato nel traffico. Cazzo, spero che anche questo sia solo un incubo...
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Un racconto breve di AGO

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