mercoledì 14 settembre 2011

Ti piace, amore? - racconto breve


Sono pronto. Gli ingredienti sono pronti. E le mie mani. La mente è ancora divisa. Quello che è da fare. Per chi lo faccio.
La lavorazione è lunga. Misurare, versare, rimestare. Pensare, anche. Meglio se non troppo. Comunque.
Iniziamo. Apprestiamoci all’opra lenta. Che porterà ai sensi della finale usufruitrice non solo i gusti delicati e gli aromi bilanciati. Ma i miei sentimenti.
E ancora pesare, rompere, dividere. Il piano di lavoro si sporca. Nel lavello si gettano gli utensili che non servono. Nella vita non è lo stesso. Non getto le cose vecchie. Mai. Quando il vecchio giocattolo mi guarda, o il vecchio libro, io ricambio. E so che ho avuto un passato.
Ne tengo anche qualcuno di non letto sulle mensole, così da assicurarmi un futuro. Un avvenire. Lei ad esempio getta via tutto e la sua vita è tutta nella sua testa e in quella degli altri, forse. Ma non c’è un monumento. Alla fine sparirà. Le tracce genetiche si diluiranno, fino a scomparire. Avrà mai vissuto?
Amo una donna. Non è esistita. Non esisterà. Solo presente infinitesimo. Eppure a quel nulla mi appoggio con tutto il peso del mio esserci. Ora, prima, dopo. Il suo nulla mi sostiene. Come?
Poi setacciare, montare, incorporare. Piano. Molto piano. I movimenti devono essere precisi e sicuri. Non è per niente se questo è il mio cavallo di battaglia. In cucina, s’intende. Fuori è tutta un’altra cosa. Mi muovo lungo i muri come il topo che teme di attraversare lo spazio immenso della stanza. Passo inosservato o almeno provo. Pochi amici e la famiglia. Punto.
D’altra parte è impegnativo dare il massimo, no?! Pochi settori, specifici. Forse non vale la pena di avere tutto quel passato e lasciarsi tutto quel futuro.
Infornare, ora. Che magnifica sensazione. Aprire e sentire il calore che mi investe. Penetrare in quel calore. Avvolto. Sudato. Un po’ d’attesa e poi l’orgasmo di una lievitazione perfetta. Tutto cotto a puntino. Un’ora, circa.
Non c’è ozio, nel frattempo. No. Frantumare, sciogliere. Bagnomaria. Zucchero e acqua. Sciroppo. Due pentolini, diversi modi. Un unico scopo: la glassa.
Caldo in cucina. Fornelli, forno. Pensieri. E il tempo passa. E lei si avvicina.
Fuori il sole già sparge le prime ombre. Pomeriggio d’autunno inoltrato. Vento freddo. Ogni istante un passo più vicino. A me. O alla morte, forse. Two steps nearer to my grave (Queen).
Comunque sono a buon punto. Sforno e faccio raffreddare. Impazienza. Divido a metà. Marmellata. Albicocca dentro e fuori. Sposo sciroppo e cioccolato. Cascata lussuriosa di glassa castana.
Sul fuoco il bollitore per il tè. Oriente liquido con ricordi di gelsomino. Orgia d’odori.
Passi sulle scale. Finalmente arriva, lei. È lei sono sicuro. Brividi e ansie. Sistemo e apparecchio mentre apre la porta, portando con sé l’intero autunno.
Mi guarda. La guardo, sorridendo.
Ti ho preparato una cosa per scaldarti un po’. Sarai stanca, immagino. Siediti. Ecco una bella fetta di torta. La panna montata e una tazza di tè. È tutto il pomeriggio che ci lavoro. Pensandoti.
Ti piace amore?

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4 commenti:

  1. Caro Ago adesso so cosa ci si prova quando si prepara qualcosa di speciale per una persona ami,però so cosa ci si prova a fare qualcosa di speciale per una persona che ami e io ne so qualcosa!
    Non sono mai stato bravo con i fornelli però mi immedesimo su quanto hai scritto,ma.....
    Però questa persona quanto realmente lo sa apprezzare?
    il 99 % delle volte è solo un emozione del momento per poi trascinarsi via nel dimenticatoio
    Eh,le donne..
    (-

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    1. Per me cucinare è amare. Dare piacere col cibo, non nutrire. Vivo per cercare nei suoi occhi quello sguardo di piacere e soddisfazione. Che spesso, forse anche per colpa mia, non trovo.

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  2. Perdona la mia curioisità:
    Sei sposato AGO?

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