martedì 22 novembre 2011

Il relitto - racconto di fantascienza

Il relitto rolla lento, trascinato da invisibili correnti. Il nulla intorno. Sulla fiancata che vediamo per prima non c’è niente di insolito. Tranne l’assenza di luci. Incontrare il cadavere di una nave, al buio, in mezzo al niente, mi ha sempre provocato un brivido. Non credo che mi ci abituerò mai.
Fred, il capitano, vuole circumnavigare il relitto da tutti i lati. Sulla fiancata opposta troviamo il danno. Un’enorme falla si apre nello scafo. Bocca spalancata. Urlo muto nel vuoto sordo. L’intera nave sembra un viso contratto dal dolore, morto nell’istante della suprema agonia. Morto nello spazio.
Il nostro lavoro è semplice. Noi recuperiamo. Le navi, i loro carichi. Qualche cadavere. Talvolta.

Fred all’inizio tra un recupero e l’altro tornava a casa. Quando si imbarcava borbottava per ore. Si lamentava della lontananza dalla famiglia. O si chiudeva in lunghi silenzi. Io ascoltavo o attendevo. Poi ha cominciato a tornare a casa sempre meno. Forse nessuno più lo aspettava. Non me ne ha mai parlato. Lo capisco, in parte. Certo quando si è soli in questo nulla smisurato, una spalla amica è necessaria. Ma lui non si sbilancia. Mai. Anche se eravamo solo io e lui era pur sempre il capitano!
Un grande capitano, Fred. Ci ha tirati fuori da tanti di quei problemi... Solo elencarli fa girare la testa. La settimana scorsa siamo sbucati dalla velocità-luce in un campo di asteroidi. Colpa mia, in verità. Lui ha preso i comandi, letteralmente. Ha afferrato la cloche, roba da preistoria, e ha pilotato portandoci praticamente indenni fuori pericolo.
Per esplorare il relitto come al solito ha preso la tuta ed è uscito. Voleva ispezionare la carcassa. Mi ha inviato i suoi rapporti. Scarni. Al solito. Sto entrando, ha detto. Qui è tutto buio. Qual’era il carico? Casse di uranio, ho risposto. Stai attento capitano. Un grugnito. È il suo modo di esprimere apprezzamento per la mia preoccupazione.
Poi ho sentito un rumore. Ma che cosa... ha detto  il capitano. Poi più niente. Ho cercato di ricontattarlo. Più volte. Per ore. Provo ancora un’ultima volta a pingarlo.

C:\Documents and settings\Fred-Cohen\ping 185.174.3.1
Pinging 185.174.3.1 with 32 bytes of data:
Requested timed out.
Requested timed out.
Requested timed out.
Requested timed out.
Ping statistics for 185.174.13.1:
           Packets: Sent = 4 , Received = 0, Lost = 4 (100%loss).

Niente. Merda. Ora cosa faccio? Aspetto ancora un po’ Forse la radioattività ha interrotto le comunicazioni. Magari avrei dovuto dirgli che i sensori avevano rilevato livelli oltre la norma. Ma lui non lo ha chiesto.
Aspetto ancora un po’. Magari è solo la comunicazione ad essersi guastata.
Cosa posso fare, ora? Non sono abituato a prendere decisioni.
Ho paura.
Sono solo una nave da trasporto.
In  questo immenso nulla.
Sono solo.
Aiuto!


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un racconto di fantascienza di AGO


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4 commenti:

  1. bello! sembra un ipotetico inizio di Dead Space..

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  2. Racconto sci-fi molto accattivante.
    La paura si manifesta in molte forme,e la solitudine è una di queste,che porta una persona nello sconforto più totale.
    Quante volte dinnanzi ad un problema ci poniamo la domanda
    "Che faccio?e ora?e da solo come me la cavo?"
    E vero anche da soli si trova una soluzione però a che prezzo?

    Questo dimostra che da soli si è persi,e vero tutti siamo utili ma nessuno indispensabile...ma è indispensabili non rimanere soli.
    In questo racconto il personaggio in questione è "legato" al suo capitano,cosa giusta d'altro canto,dato che hanno condiviso insieme avventure e sventure...perdendo cosi un'importante figura di riferimento

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    1. il personaggio (la nave) aveva una sorta di simbiosi col suo taciturno capitano. Ora che si trova sola nello spazio non sa che pesci pigliare...

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  3. Stavolta ho toppato,pensavo che il personaggio era un sottoposto del capitano invece era la nave,comunque per il resto è un racconto molto bello

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