Antonio vede la ragazza seduta al bancone.
Cocktail Bar.
Sera.
Fuori Milano bagnata di pioggia.
Lei tiene il mento appoggiato alla mano. Sguardo perso.
Innocenza malinconica studiata a tavolino.
Sporca l’indice dell’altra mano col sale sul bordo della coppetta, leccandolo distrattamente.
Antonio spalanca la bocca. Lupo di Tex Avery. Mandibola sul tavolo. Lingua srotolata. Occhi fuori dalle orbite. Manca solo il fumo dalle orecchie, ma ha smesso di fumare, saranno ormai due anni.
Se fossimo anche solo un poco romantici, potremmo usare espressioni tipo “il cuore gli fa un balzo nel petto” oppure “il respiro gli si fa mozzo”. Ma fortunatamente non lo siamo.
Antonio si accorge che le sue discrete esternazioni sono state notate da lei, che però finge indifferenza. Anche di questo Antonio si accorge. Che l’indifferenza è solo finzione. Anche perché la coglie più volte a lanciargli rapide occhiate.
Antonio non può stare seduto a sospirare. Che cazzo! Lui è un uomo, lei una donna (per chi non l’avesse ancora capito, NdA) probabilmente vogliono la stessa cosa. Così si alza e si avvicina. Anche la sua sicurezza è tutta apparenza. Ha visto tanti di quei film dove i belloni ollivudiani conquistano la dama del caso solo sedendosi con stile. Spera di aver imparato qualcosa da loro.
Si avvicina, dicevamo, ma si accorge di molti particolari che non aveva notato da lontano. Lei non è tutta questa gran fica. Avrà come minimo dieci anni in più di lui, sepolti sotto un dito di cerone e fondotinta. Ormai è in rotta di collisione, però. Non può tirarsi indietro. O meglio potrebbe ma non se la sente. Che situazione di merda.
Si siede Antonio. La guarda. Lei gli sorride. Stavolta lo diciamo che a lui si stringe la gola.
Strizzata dentro il vestito comprato in saldo lei lo invita con gli occhi a parlare. Lo invita a rompere con suoni inutili quell’attimo di silenzioso imbarazzo.
Ma vaffanculo pensa Antonio, Ormai sono qui. Ciao, dice. Sei sola?
Che domanda del cazzo, pensa subito dopo. Lei ci sta comunque e gli attacca un bottone da manuale. Lui rimane al gioco. È tutto qui, comunque. Un gioco. Una recita. A ognuno la sua parte, le regole sono chiare.
Non è che conversino, ora. L’interazione è limitata. Ognuno afferma qualcosa, che l’altro dopo un attimo dimentica.
Tutto quello che vuoi è che ti scopi da dietro insomma, pensa ora Antonio. Oppure lo dice. Oppure lo ha scritto in faccia?
Fatto sta che lei ha capito. Il gioco è finito, le regole sono infrante.
Lei si alza. È stata scoperta. Vorrebbe andarsene. Lui recupera. Dai ti offro un altro giro, dice. Ha pescato il cartoncino giusto dalla pigna delle Probabilità. Lei dice si. Poi si siede.
Voi donne siete tutte uguali, pensa Antonio, per potervi pisciare dentro un po’ di sperma si può dirvi di tutto, ma meno che mai questo.
Lei lo guarda. Voi uomini siete tutti uguali, pensa.
Poi si prepara ad una lunga serata di risatine inutili, sperando di ricevere in cambio qualche minuto di piacere.
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Bel racconto sull'arte della seduzione,che come ben sappiamo spesso si basa sulla recitazione con picchi di imitazioni e emulazioni (azzeccato il paragone ollivudiano),ove bisogna giocare bene le proprie carte,e se un uomo scopre le proprie carte troppo presto...e quasi matematico che ha perso.
RispondiEliminaCome dicevo poc'anzi si tende a imitare un modello...il problema è dopo quando i nodi vengono al pettine.
Concludo il commento dicendo,che il racconto da te scritto AGO è molto realistico,sono "scene"di tutti i giorni,la seduzione molto spesso è una farsa per raggiungere uno scopo,o almeno io la penso cosi
Siamo attori con in mano copioni di merda
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