venerdì 4 maggio 2012

Appena aperti gli occhi - racconto noir


Appena aperti gli occhi, il sole gli diede una coltellata. Dritto al cervello. Marco si pentì di averlo fatto. Ma ormai.
Sole del cazzo, disse.
Attese alcuni istanti. Si voltò leggermente. Dischiuse le palpebre. Lento. Riuscì ad eludere quei raggi crudeli.
Marco cercò di mettere a fuoco l’ambiente sconosciuto in cui si trovava. La stanza estranea. I mobili e le altre cianfrusaglie presero a girare. Vorticosamente. Insieme al suo stomaco, che si ribellò strizzandosi. Dolore.

Non seppe fare altro che fuggire di nuovo nel buio salvifico. Richiuse gli occhi. Un sudore freddo lo fece rabbrividire. Provò a respirare. Piano.
Cazzo se aveva bevuto ieri sera. Tutto nella giornata di ieri era stato una merda. La sveglia in ritardo. La corsa lungo le strade bagnate di quella città maledetta. Le facce di quella miriade di zombi, che come lui corrono per appoggiare il culo sulla sedia. Davanti ai raggi malvagi di uno schermo. Fino a sera. Rincasare poi. Portare fuori la spazzatura. E crepare così come hanno vissuto. Per niente.
Ieri insomma la giornata era cominciata male. Ma era proseguita peggio. Quell’idiota del capufficio lo aveva sbranato per il ritardo. Letteralmente. Marco aveva notato infastidito quella vena sul collo gonfia e rossa. Ancora si ricordava gli spruzzi di saliva sulle fotocopie, che gli aveva consegnato sbraitando. Lo aveva inondato di lavoro. Bastardo.
Però ieri la misura si era riempita. Ieri Marco aveva preso il capufficio per il bavero della giacca. Gli aveva risposto. Oh cazzo, si! Ricordava bene anche in quel momento, lì disteso sul letto, con gli occhi chiusi mentre il sole cercava ancora di pugnalarlo, lo sguardo di quel coglione del capufficio mentre lui gli faceva presente quanto fosse bassa la sua opinione. Il pugno che poi Marco gli sferrò alla bocca dello stomaco pose termine alla sua carriera in quell’azienda. Ma tanto. Si era goduto l’apoteosi di applausi silenziosi degli ex colleghi. Manica di stronzi.
Tirare fino a sera era stato difficile. Se si vive in cattività tutta la vita, la libertà sembra strana. Passeggiare in pieno centro nel pomeriggio, anziché chino sulla scrivania, gli diede un senso strano di gioioso disagio.
Poi il bar. Mangiò all’americana panino e patatine, seduto al banco. Una birra dietro l’altra. Oggi festeggio, aveva detto al barista. Nessuno gli chiese cosa festeggiasse. Lui non lo notò.
La bionda arrivò in un secondo momento, ma ormai la sua mente navigava senza nocchiero. In una gran tempesta di birra e qualche altro drink più forte. La bionda arrivò e si mise a parlare, o era stato lui ad attaccare bottone. Non ne era certo. Si spostarono insieme. Luci, rumore, corpi. Una discoteca. Chissà cosa aveva attirato quella gran fica bionda verso di lui? Non se ne preoccupò più di tanto. Non gli importava, in fondo. Alla decima birra della serata e al terzo Gin tonic, le gambe cominciarono a ballare da sole. La discoteca si riempì di suoni ovattati, corpi sudati e del sorriso di lei. Del suo viso sempre davanti a lui. Dei suoi deliziosi occhi. Maliziosi.
La seguì a casa sua. Ora si ricordava dove si trovasse. Lei lo fece accomodare e gli servì da bere. Ancora. Poi si spogliò davanti a lui. Marco credeva che fosse un angelo. Stordito dall’alcol e dal ricordo di quell’intera giornata non pensò più a niente se non ai loro corpi avvinti e ansimanti. Ricordò la tenera pelle del corpo di lei sotto le sue mani forti e rudi. Ricordò quel collo pallido. Ricordò le sue dita. Che stringevano.
Riaprì gli occhi. La stanza rotante rallentò di colpo. Accanto a lui sul letto giaceva il corpo nudo di lei. Pallido. Marco si alzò barcollando, raccattando qualche brandello di vestito qua e là.
Andò in bagno. Si sentì a pezzi, lasciandosi pesantemente cadere sulla tazza. Si scaricò.
Non ebbe la lucidità di pulirsi come si deve. Quando si vide allo specchio coperto di graffi in parte cicatrizzati., quasi non si riconobbe. Occhiaie, pallore. Una sbronza colossale! Rovistò negli armadietti, sulle mensole, nei cassetti. Oggetti caddero sulle piastrelle fredde. Alcuni rompendosi. Trovò un rossetto. Lo aprì con un’idea affacciata nella nebbia alcolica della sua mente.
Appena aperti gli occhi lei si sentì soffocare. Si riprese tossendo. Tanto. Sapore metallico in bocca. Sangue, forse. Si guardò intorno, timorosa di poterlo trovare ancora in casa. Gazzella nella savana.
Vedendo il letto e ricordandosi della serata, fu travolta da un conato di vomito. Corse in bagno nuda ed infreddolita. Alzando la tavoletta, trovò la tazza lorda e puzzolente. Vomitò a terra.
Cercò di riprendersi, ma l’odore acre la atterriva. Notò a terra il rossetto consumato. Quando riuscì a raccogliere un po’ di forze si rialzò. Sullo specchio trovò una scritta.
Come disse Bukowski: che bella cagata!
Coprendosi il viso con le mani, iniziò a piangere.

____
un racconto noir di AGO

11 commenti:

  1. Mi piace Marco, chissà che nuovo futuro nel giorno nuovo.

    RispondiElimina
  2. Speriamo che almeno continui a leggere Charles...

    RispondiElimina
  3. Io ho appena finito di leggere "taccuino di un vecchio sporcaccione", e la tua citazione mi ha fatto ridere, anche perchè pensavo a Marco che dopo la nottata va a giocare ai cavalli.
    Ciao.

    RispondiElimina
  4. Come la maggior parte delle tue storie anche questa mi ha rapito.
    Sono diversi giorni che mi Sto arrivando! Scervellando per poterti contattare con un qualche messaggio privato per chiederti se sarebbe possibile creare un cortometraggio da questa storia ma non riesco a trovare un modo quindi ho pensato di lasciarti la mia mail catisclic@email.it e sperare che sia tu a scrivermi. Ti ringrazio in anticipo anche se non potrai farlo.
    Emiliano

    RispondiElimina
  5. la parola "Sto arrivando!" me l'ha scritta il telefono in automatico,sorry

    RispondiElimina
  6. Maledetto T9!

    ps: Ti ho risposto via e-mail...

    RispondiElimina
  7. si legge bene e velocemente, bravo

    RispondiElimina
  8. Racconto efficace e micidiale,bella la parte centrale quando Marco reagisce contro il capoufficio,un gesto che penso sarà balenato almeno una volta nelle testa di ognuno di noi.
    I colleghi che godono è una cosa risaputa e meriterebbero un pugno allo stomaco anche loro.
    "Il pugno allo stomaco" e da considerarsi anche l'intero racconto,con il un finale davvero potente.
    AGO se Anonimo ne ha tratto un cortometraggio mi piacerebbe visionarlo,merita davvero un adattamento cinematografico

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Grazie Giuseppe,
      purtroppo nonostante le molte proposte di utilizzo dei miei racconti in cortometraggi, fumetti o altro non sono mai arrivati a niente. L'unico ad aver usato alcuni miei lavori per i suoi audio racconti è Mr Bologna. È stata una bellissima collaborazione
      https://www.youtube.com/watch?v=KxB-xeGOtnw

      Elimina
  9. Grazie AGO e riguardo il link da te segnalato,ti rispondo nella pagina inerente al racconto Mezzanotte

    RispondiElimina