Finalmente ci sono! Ecco la casa di quel bastardo. Da mesi sono sulle
sue tracce. Da mesi sono ad un passo per agguantare quel maledetto e vendicare
le decine di vittime che lordano la sua coscienza. E la mia.
Ha ucciso donne e uomini. Ha torturato e ucciso. Ha danzato intorno e
dentro i corpi vivi e massacrati. Le scene dei delitti sono sempre state orge
di sangue. Trasudanti dolore. Le grida di quei poveretti sembravano ancora
rimbalzare sulle pareti, testimoni mute di quella follia mortale.
Ad ogni plenilunio qualcuno moriva.
Ad ogni plenilunio la mia ulcera peggiorava e quel maledetto compiva
un altro passo nel suo delirio infernale. Ma ora basta!
Finalmente sono arrivato alla sua tana. Stanerò quel pazzo omicida e
lo scaraventerò nella più profonda delle celle, per dimenticarcelo per sempre.
Sempre che la Giustizia di questo stupido Paese non faccia di tutto per
rimetterlo in libertà. È già capitato.
Comunque.
La villa è decrepita e fatiscente. Sembra il volto di una vecchia
arcigna e mal truccata. Con le palpebre cascanti delle persiane scrostate. I
mattoni scoperti sugli zigomi spigolosi dall’intonaco perduto.
Il giardino è degno di un vecchio horror in bianco e nero, dove rovi
spinosi hanno preso il posto di aiuole fiorite. E le sterpaglie hanno soffocato
l’erba.
Mi ci vuole parecchio coraggio per attraversarlo, ignorando gli incubi
infantili che mi picchiettano sulle spalle, per non essere dimenticati. Sogni
di buio che uccide. Sogni di terrori acquattati. Sogni reali come la ghiaia
lurida che mi scricchiola sotto i piedi.
Arrivato al portone lo trovo accostato. Non chiuso. Il legno marcio
cigola mestamente. L’androne è buio e sporco. I tarli hanno divorato i pochi
mobili accatastati con incuria lungo le pareti. Hanno digerito e defecato
quegli antichi simboli di lusso.
Sento uno strano rumore provenire dal piano superiore. Il cuore mi
balza in gola. Finora pensavo fosse solo una metafora letteraria. Ma mi sento
davvero battere il collo fin quasi a scoppiare. E un rombo ritmico nelle
orecchie. Un’ondata di adrenalina dalle gambe attraversa tutto il corpo.
Meglio che mi calmi. Estraggo la pistola e respiro. Lentamente
entrambe i gesti. Riprendo il controllo.
Lascio che gli occhi si abituino alla penombra che regna nell’ambiente
e salgo le scale con gesti lenti. La polvere sui gradini di legno è stata
calpestata più volte.
Il piano superiore è un susseguirsi di tenebre e polvere. In più punti
l’umidità ha corroso le tappezzerie eleganti.
Ogni passo trae echi da alcove buie, ampliandosi e distorcendosi in
una sommessa cacofonia. Infernale.
Dai passaggi più reconditi aliti di aria ghiacciata mi fanno
rabbrividire. Fantasmi invisibili sembrano passarmi accanto, sfiorandomi con
l’intenzione sinistra di irritare ancora di più i miei nervi. Già a fior di
pelle.
Sono stati gli indizi a portarmi qui. Sparsi sulle scene dei crimini
quasi a voler essere trovati. Senza una logica. O forse con una logica al di là
di una comprensione possibile. Ebbi da subito l’impressione però, che quelle
tracce fossero state lasciate lì, per essere trovate. È come se l’assassino
volesse farsi trovare. Come se due entità contrarie e contrapposte
combattessero una titanica lotta e prendessero alternativamente il sopravvento
su quel corpo schiavo.
Da principio i pezzi del puzzle erano confusi e difficili da trovare.
Poi intuii lo schema e fu più semplice vedere il disegno generale. Purtroppo mi
ci volle più tempo di quello che avrei voluto per capire. Arrivai ad attendere
con impazienza i noviluni, per poter ricevere da quella mente distorta un'altra
di quelle indicazioni sussurrate, che alla fine mi hanno portato qui. Anche se
a scapito di un’altra povera vittima.
Ancora quel rumore! Un rantolo o una vibrazione profonda. Non so.
Ho i sensi all’erta e tesi. Spasimo doloroso nel silenzio.
In fondo al corridoio che è un pozzo di inchiostro, vedo un bagliore
accennato. Mi incammino piano. Ad ogni passo piccole nuvolette di polvere si
alzano dal pavimento di legno marcio. Accanto alle mie, altre impronte.
Arrivo in fondo. Una porta socchiusa lascia trapelare una lama di luce
fioca. Rossa. Mobile. Fuoco, forse.
Lancio un rapido sguardo dentro la stanza.
Le braci morenti in un caminetto illuminano male e scaldano ancor meno
un ambiente dove pochi mobili antichi incombono nello spazio. Davanti al camino
una poltrona. Su di essa un uomo seduto. È di spalle. Vedo solo le gambe
allungate verso il camino.
Benvenuto disse una voce roca, proveniente dai cuscini della poltrona.
La stavo aspettando.
Io mi irrigidisco nella tensione e, devo ammetterlo, nella paura più
profonda. Quella voce risuona di timbri cavernosi e bizzarri. Ma il vero
terrore viene nel riconoscerla. È la voce del Capitano Donati. Il mio
superiore!
Temevo che non ci sarebbe mai arrivato. Ho pensato di averla
sopravvalutata. Ma infine eccola qui. Complimenti. Caso risolto, Tenente
Dellastiara.
Un sudore freddo inizia a colarmi lungo il collo e la schiena. Me ne sto
qui immobile, con la lingua incollata al palato. Pervaso dagli strani echi di
quella voce orrenda e famigliare.
Bene Tenente. Non può far altro che arrestarmi, arrivati a questo
punto. Venga allora. Mi porti nella sua ridicola prigione, pensando di aver
fatto giustizia. Anche se è consapevole che si tratta solo di una vuota parola.
Non esiste un bene né un male. Sono solo punti di vista culturali... ma sto
divagando. Venga ad arrestarmi ho detto.
Mi avvicino alla poltrona. Non c’è stato alcun movimento, né alcun
altro rumore nell’intero edificio. Solo le vibrazioni di quella voce aliena.
Mi avvicino e vedo le gambe accavallate. Ma il capitano di solito si siede
in un altro modo. Strano.
Mi avvicino. Le braci del camino per un attimo si spengono, come se
una mano d’ombra le avesse coperte. Una ventata gelida mi attraversa. Quasi mi
stordisce.
Finalmente eccomi. Lo guardo in faccia.
Il volto pallido dagli occhi sbarrati mi comunica in un attimo la
situazione. La bocca spalancata in un grido muto mi dice quel che è successo.
Ma la mia mente non capisce. La mia mente non accetta. Il Capitano è morto. Almeno
da alcune ore. Con chi ho parlato finora?
Al piano di sotto ancora quel rumore. Roco, gutturale. Demoniaco.
Una risata.
___
un racconto noir di AGO
ci rincontreremo tenente dellastiara, non so quando, ma ci rincontreremo.
RispondiEliminaGrazie Endi della tua attenzione. Scusa se non posto spesso sul tuo blog, ma leggo sempre i tuoi splendidi shortini.
Eliminanessun problema ago, mi piace leggerti, mi piace il tuo stile, mi piace anche la sintesi dei tuoi racconti.
EliminaNon per impicciarmi, ma intendevi "sintassi"?
RispondiEliminaNon ti impicci affatto, però credo proprio che intendesse sintesi. Mi piace arrivare al nocciolo, senza orpelli né giri di parole. Tuttavia anche la sintassi mi costa un certo lavoro...
EliminaCiao, mi piace molto questo racconto, vorrei usarlo per eseguire una lettura doppiata.. e volevo chiederne il permesso. Ovviamente scrivendo il nome dell'autore.. grazie. buona serata.
RispondiEliminaDaniel
www.danielspizzichino.com
Ciao Daniel,
Eliminati ringrazio per l'apprezzamento.
A dire il vero non so cosa sia una lettura doppiata ma sin d'ora hai il mio permesso, per usare il mio testo.
Ti sarei grato se oltre a scrivere il mio nome, aggiungessi anche l'indirizzo del blog.
PS: avrei voluto mandarti una e-mail ma l'indirizzo del tuo sito (complimenti) non sembra funzionare. Contattami tu alla mia: ago.alieno@gmail.com
mi piace!
RispondiEliminaanch'io scrivo racconti su http://rebeccalenastories.wordpress.com/ !
Grazie! ora ci faccio un giro.
EliminaAGO premetto una cosa:
RispondiEliminaIl poliziesco e tutti i suoi sottogeneri sono la mia passione,sono il mio genere prediletto che sia letteratura,che sia cinema o serial tv,...qui cosa leggo?
Un emozionante ed eccellente racconto Noir,scritto con dovizia e passione.
Durante la lettura mi hai fornito un forte senso di immedesimazione,descrivendo benissimo la vicenda e prestando cura dei dettagli e dell'ambiente in questione e inoltre fornisci una bella suspance
Vedo che hai scelto di pubblicarlo a puntate...non male come idea,un pò come i serial (specie americani che sono i migliori in questo genere di cose) che lasciano lo spettatore in sospeso e con quella curiosità di vedere come va avanti.
AGO ti posso chiedere:
Ma a cosa ti sei ispirato scrivendo "il tenente Dellastiara"?
A dei film o a dei libri?
Qualsiasi ispirazione essa sia,hai assimilato molto bene per la creazione di questa serie di racconti!
Ciao Giuseppe, questo racconto è stato il primo di quella che poi si è spontaneamente presentata come una serie a puntate. Anch'io sto scoprendo le vicende del tenete un po' alla volta. Staremo a vedere.
EliminaMi sono ispirato ai racconti di HPL e poi di tutto un po'... Bukowski, Lucarelli, Gaiman.
Leggo un po' di tutto e qualcosa di ogni autore mi rimane dentro.
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