venerdì 18 gennaio 2013

I Vendicanti - fiaba nera


Una sera. Pioggia.
Entro nel vicolo attento a non cadere nelle luride pozzanghere.
Un’altra serata schifosa di una giornata schifosa. Un lavoro schifoso.
Sento un rumore strano davanti a me. Nessun altro suono dalla città affannata. Solo un cigolio e zoccoli. Sull’asfalto. Latta contro legno e campanelli d’argento.

Mi faccio guardingo ma il freddo e la stanchezza non mi permettono di fermarmi.
Sono quasi fuori dal vicolo, quando due figure lo bloccano. Cenciosi e maleodoranti. Mi sbarrano la strada.
Alla luce gialla di un lampione vedo sorrisi sghembi. Incompleti.
In testa portano vecchi cilindri rattoppati. Indossano cenciosi soprabiti e guanti senza dita. Il Gatto e la Volpe.
-Buonasera- dice uno.
-‘Sera- gli fa eco l’altro.
- Oh, che faccia triste - continua il primo - Su, su. Siamo qui per aiutarti. -
- Non c’è bisogno di ringraziarci-
Mi ritraggo. Cerco di oltrepassarli, ma non c’è altra via d’uscita, se non tornare indietro.
- Lo so, lo so. È stata una giornata dura, vero? Che lavoro orribile! E a casa non c’è nessuno con cui sfogarsi- l’uno.
- Vero! Vero! - l‘altro.
- Non c’è un caldo abbraccio o pane fragrante. Solo altre parole inutili. Impegni sciocchi. Litigi, probabilmente – l’uno ancora.
- Vero, vero-
Cosa mi dice quel pezzente? Quel girovago sconosciuto? Quel mendicante dall’aria sinistra? Come può conoscermi così bene? Mi legge in faccia? O nell’anima...
Eppure dice il vero. Sono stanco.
- Si, si. Stanco-
- Abbiamo una soluzione per te. Noi possiamo portarti un po’ di gioia. Noi possiamo vendicare i tuoi torti.
- Si, si -
- Dacci il nome, piccolo uomo. Noi lo puniremo per quello che ti ha fatto. Non preoccuparti del prezzo. A quello penseremo dopo. -
Non so per quanto tempo prosegue quel chiacchiericcio untuoso. Alla fine riesce a fare breccia nel mio sentimento di repulsione. Lo sento vicino. Amico, quasi.
Avvolto da una nebbia di parole sconnesse, pronuncio il nome del mio capo. Subito un bagliore sinistro compare nei loro occhi. Si leccano le labbra e escono dal vicolo. Zoccoli e cigolii. Ancora.
Mi sveglio dopo una notte animata da sinistri sogni. Inquinato.
Vado in ufficio. Attendo invano l’arrivo del mio capo. Cellulare spento. Durante la pausa pranzo dal TG apprendo che quella mattina si è verificato uno spaventoso incidente in autostrada, con decine di morti. Un brivido lungo la schiena.
Dubbi e paure nel pomeriggio terribile.
Di sera piove. Tornando a casa passo per un vicolo buio.
Due tizi mi balzano alle spalle, lasciandomi diversi secondi senza fiato per lo spavento.
- Sei contento ora?
- Contento?-
- Siete stati voi? Avete provocato l’incidente? –
Loro sghignazzano. Un senso di orrore amaro contrasta in me con il dolce sapore della vendetta. Quegli esseri sghembi hanno fatto il lavoro sporco! Lo hanno fatto fuori. Gli hanno fatto quello che io ho sempre solo sognato.
- Ti abbiamo vendicato. Lui è stato punito. Ora pagaci!-
Uno dei due mi afferra e mi stringe in un abbraccio d’acciaio. L’altro avvicina ossuti artigli alla mia testa. Mi sento letteralmente frugare nella mente finché quello ritrae la mano tenuta a coppa. Sento lacerarsi qualcosa in me. Un ricordo è stato perduto. Un ricordo importante. La sua mano ne è piena. Un grumo di fumo quasi solido, che rimanda tenui bagliori perlacei alla luce fioca dei lampioni. Se lo porta alla bocca. Poi sbuffa di piacere.
- Ah, ottimo! -
Riapro gli occhi.  Il vicolo buio che mi porta a casa è pieno di uno strano odore. Come di sigaro da due soldi e cavallo. Mi viene in mente mia moglie. Ma non ricordo il suo sorriso. Strano.
Alla fine del vicoletto due figure mi sbarrano il passaggio. Sembrano mendicanti o girovaghi. Saltimbanchi d’altri tempi vestiti di stracci.
Mi irretiscono con parole strane. Però trovo in loro un’aria familiare. Non mi scanso come avrei fatto normalmente.
Parlano, loro. Mi leggono dentro. Capiscono le mie ansie e le mie paure. Sanno che il mio capo al lavoro non c’è più. Non mi chiedo come possano saperlo. Continuano a parlarmi. Continuano ad avvicinarsi. Continuano a toccarmi.
Il turbinio di parole appiccicose come miele velenoso mi riporta alla mente decine di volti. Ognuno legato ad un ricordo spiacevole, ad un torto subito. Ad un odio covato.
In quella folla di nemici, il primo nome che mi viene alle labbra è quello di lei.
Sghignazzi.

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9 commenti:

  1. dovrei consigliare i vendicanti ad un mio amico, odia il capo ma soprattutto la moglie, in un sol colpo si sbarazzerebbe dei 2.
    bella anche l'immagine del post.

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  2. Mi piace come scrivi.. gli haiku sono molto incisivi, ma anche le storie sono concentrate ed estemporanee, perchè non passi a dare un'occhiata al mio blog http://blogilluso.blogspot.it/.. sono curiosa di avere un'opinione... ciao!!!!!

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    1. Ti ringrazio molto per il tuo commento. Di certo passerò sul tuo blog.

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  3. Mi son venuti i brividi. Una storia che non finirà mai.

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    1. Si dovrebbe smettere di odiare. Temo tu abbia ragione.

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  4. "Attento a ciò che desideri, perché potresti ottenerlo" diceva Oscar Wilde
    AGO questa fiaba esercita un particolare fascino su di me,è ti dico anche perchè:
    La vendetta in cambio di un ricordo cancellato,un baratto particolare e sicuramente troppo salato....alla fine nessuno merita di morire e penso che cancellare i ricordi non è una gran bella cosa,si tratta pur sempre di vita vissuta

    Continuando il commento AGO a parte i soliti complimenti per aver creato questa eccellente fiaba, nera come la pece e dal sapore più amaro del Rabarbaro,ti posso dire che ho sempre fantasticato sulla figura del "Vendicante" ( e sicuramente non sono solo io),sottolineando una cosa però,ok per vendetta con V maiuscola ma niente morti però
    :-)
    Fortunatamente io con il capo ho un buon rapporto,è una brava persona e credo che un datore di lavoro cosi è difficile trovarlo,anche se talvolta dinnanzi a certe mie esigenze non mi sa capire del tutto ma...tutto sommato non mi posso lamentare.

    Ma se una sera questi "Vendicatori" li incontrassi per davvero e mi farebbero questa particolare proposta in (maniera però più soft come dicevo prima)...bè un nome c'è l'avrei...

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    1. Penso di sapere a chi appartenga quel nome...
      La morte no, però una bella punizione ci starebbe.

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  5. Bisogna solo decidere il baratto...
    :-)

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