Me ne sto
appoggiato alla colonna di fumo della mia sigaretta autoprodotta. Vorrei avere
un’aria alla Jigen, ma non.
La pioggia
bagna questa stupida città. Mentre me ne sto seduto al bar, vicino alla
finestra, mi sento in bianco e nero.
Davanti a me
un bicchiere. Dentro la mia medicina. Un whiskey. Di quello buono.
Endi sta
consumando il banco del bar con uno straccio che ha visto giorni migliori.
Intanto mi getta un’occhiata. Frater.
Davanti a me
ci sono un po’ di fogli. Alcuni hanno raccolto qualcuna delle idee che mi sfiorano
la mente. Altri hanno raccolto un po’ di cenere. Altri niente.
Intorno
nessun altro.
Dovrei
incamminarmi. Dovrei tornare a casa. Ma chi me lo consiglierebbe? Un percorso
dantesco in mezzo a cerberi e demoni, sotto un pianto di cielo gelido. Per
trovare a casa una regina minoica, che altro non farebbe se non condannarmi
alla quotidiana tortura eterna. Buttare la pattumiera. Asciugare i piatti. Cose
così.
Meglio
starsene qui. In compagnia di un tabacco di poco prezzo. Di un buon whiskey e
di un grande amico.
Guardo Endi
di là dal bancone. Lustra, lui. Il banco. Un bicchiere. I pensieri.
Appese alla
parete le immagini che ha strappato a questo inutile mondo. Ma che lì, proprio
lì appiccicate, trovano il loro significato. Fotografie in bianco e nero.
Poesie per immagini.
In un angolo
è sempre pronta la sua Rolleiflex. Accanto non manca un bicchiere. Pieno fino a
metà. Vuoto anche.
È così che
affrontiamo questa pazzia miei cari. È così che ci difendiamo dal muto vuoto
che ci sta intorno. Parole ed immagini. Pensieri.
Non posso
attendere oltre, mi dico.
Dirigo un
paio di stanche scarpe al bancone, per depositarvi una banconota.
In memoria
dei bei tempi, dico.
Vai al
diavolo, fa lui, accennando un sorriso dentro la barba di qualche giorno.
Apro la
porta. Una valanga di aria gelida invade il locale. Muove la carta delle foto.
Scompiglia le pagine che ho lasciato sul tavolino. Quello vicino alla finestra.
Appena lo
vedo, gli porto i tuoi saluti, rispondo. Ed esco.
Endi si ficca
la banconota in tasca. Mette le sedie a testa in giù sui tavoli.
Fischiettando
“L’estate” di Petrucciani, riesce a farla ancora più malinconica. Intanto sporca
il pavimento con secchio e spazzolone.
Poi spegne
quei neon rossi. Raccoglie la Rolleiflex e finalmente esce, pronto a rincorrere
le sue visioni.
___
è un onore per me. intenso racconto reso unico dal tuo stile. pochi capiscono, pochi sono felici e io adesso me la sghignazzo di brutto.
RispondiEliminagrazie.
ora spengo quei neon rossi. raccolgo la rolleiflex e finalmente esco, pronto a rincorrere le mie visioni.
Siamo in due a sghignazzare, allora!
EliminaGrande stile. Come sempre.
RispondiEliminaGrazie cara TWS, è un piacere sapere che ci sei.
EliminaE' un piacere per me leggerti.
EliminaAGO molto interessante questo racconto,si respira un'aria non so come dire...di solitudine e di tristezza,dov'è l'alcool oltre ad essere la migliore medicina,è un ottima compagnia
RispondiEliminaE compare il mitico personaggio Endi!!
:-)
Ho due curiosità:
1)Essendo il racconto ambientato nello stesso universo del tenente Dellastiara,il protagonista è collegato alla serie di racconti che hai scritto su Manlio?
2?Inoltre cosa rappresenta la macchina fotografica rolleiflex per Endi?non ho capito ben il finale quando dice "Raccoglie la Rolleiflex e finalmente esce, pronto a rincorrere le sue visioni.
Illuminami Ago!
Grazie!
1) il mondo è quello di Dellastiara, ma quando scrissi questo racconto, ancora non lo sapevo.
Elimina2) Endi è un fotografo e un poeta. Vai sul suo blog: http://mbraccontiunderground.blogspot.it/
Grazie per la delucidazione AGO è il link del blog di Endi
RispondiElimina:-)
Ciao Ago volevo chiederti se possiamo pubblicare questo tuo racconto su una rivista online underground scrivimi qui pennearmaterivista@tiscali.it
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