Il tenente Dellastiara arrivò in Centrale con in bocca ancora il
sapore amaro degli incubi. Nel silenzio oscuro della notte gli pareva spesso di
sentire quel suono. Quella risata. Orrore.
Da fuori sembrava ogni giorno più stanco. Arruffato. I suoi colleghi
non riuscivano a capire ma sentivano la mancanza di quella sua mediterranea
amichevole spavalderia. Lui in quei giorni semplicemente li ignorava. Davvero
non riusciva a guardarli negli occhi.
Aprendo la porta del suo ufficio, venne investito da un’ondata di
puzzo. Ma di quello rancido. Stantio.
Con timore infilò la testa e vide seduto davanti alla scrivania un
anziano signore. Un barbone.
Il vecchio teneva tra le mani sporche un cappello sdrucito. Indossava
un cappotto logoro. Il tenente Dellastiara non poté non notare anche le scarpe
malandate e piene di buchi.
Quello che lo colpì però fu la dignità che trapelava dallo sguardo che
il vecchio gli rivolse. Intenso. Un uomo vero, dietro la parvenza di un rudere.
Nessuno nasce barbone, pensò Dellastiara, così come nessun monumento
nasce in rovina. Una volta furono templi e palazzi risonanti di musiche e risa,
odorosi di incenso. Ora restano solo mozziconi di colonne e pericolanti mura affrescate.
Inutili acquedotti asciutti. Rosi dalla pioggia. E dal tempo.
Quel monumento gli rivolse quello sguardo. Dellastiara ne fu ammaliato
seppur contro voglia. Si sedette.
Brigadiere, disse l’uomo con la voce che raschiava la gola. Inasprita
dal vino cattivo e dal freddo subìto. Brigadiere, continuò senza che Dellastiara
lo correggesse, ho perso un amico.
Il tenente balzò con lo spirito al di là della scrivania. Non
conosceva quell’uomo e tuttavia si ritrovò unito a lui in un non voluto
abbraccio fraterno. Empatia bizzarra.
Il mio amico, continuò la voce raschiante, che usciva di tra i denti
radi senza inflessioni dialettali, era un brav’uomo.
Dellastiara prese appunti. Voleva aiutare quell’uomo a trovare il suo
amico. Sentiva dal tono dolente, che per il vecchio barbone quell’amico era la
sua salvezza. L’àncora. La spalla. Sui cui piangere o no.
Gettò uno sguardo alle pratiche da smaltire. Dieci centimetri buoni di
scartoffie. Poi si rivolse all’uomo seduto maleodorante davanti a lui.
Va bene. Cercherò di trovare il suo amico. Lei come si chiama?
Sergio.
Sergio, come.
Sergio. E Basta.
Ho capito. Senta Sergio, ci metterò tutto il mio impegno. Glielo
prometto. Troverò il suo amico e glielo riporterò.
È questo che fanno i bravi poliziotti, Brigadiere. E le brave persone,
rispose Sergio.
Me lo descriva, disse Dellastiara. Sergio si perse per un attimo nei
suoi profondi occhi. Azzurri come d’improvviso il cielo di primavera. Fonti pure
nascoste nell’intricato bosco delle sopracciglia.
Sergio parlò del suo amico. Che era alto così e così, che era magro e
moro. Che era del nord ma non ricordava e parlò di altro. Dellastiara non lo
interruppe. Scrisse.
Un ultima cosa, disse il tenente quando gli sembrò che Sergio avesse
finito, come si chiamava il suo amico?
Brigadiere, il suo nome è Luca. Ma noi tutti lo chiamavamo Lucky, il fortunato.
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un racconto breve di AGO
Bel racconto. Dalle tue descrizioni sembra di essere presenti. Bello il collegamento con l'altro racconto. Complimenti, mi piace. Ho aggiunto il link dei lettori al mio blog, grazie del consiglio...
RispondiEliminaCiao Chiara. Grazie del tuo commento. Il Tenente tornerà in altri lavori...
Eliminalucky il fortunato è stato il tuo primo racconto che ho letto. hai fatto proprio una bella mossa :)
RispondiEliminahai già una ragnatela per il tenente oppure questo racconto è stato cotto e mangiato?
in fondo il tenente deve correre ancora dietro alla voce della villa!
dellastiara, che nome...come ti è venuto in mente?
Il tenente Dellastiara sta cadendo in una rete che lentamente si sta tessendo nei racconti e nella mia testa. E non credere di sfuggirne. Tu.
EliminaQuella voce tornerà, temo.
Il suo nome? Risponderò in privata sede.
fuggo da me stesso oramai da anni, chissà se un giorno recandomi in centrale sarà proprio dellastiara ad accogliermi, nella speranza che trovi me stesso.
Eliminae poi la foto sembra quello di un acquedotto romano sull'appia antica che vedo tutti i giorni.
RispondiEliminaNon a caso...
Eliminaadesso però mi incuriosisci :)
EliminaMi piace il tuo stile, le descrizioni fredde e taglienti, le parole mai a caso. Mi piacciono pure i dialoghi, essenziali e colmi di significato. I personaggi vengono fuori dallo schermo, con tutto il peso della loro umana imperfezione. Mi perdoni se paragono un po' le atmosfere dei tuoi lavori a quelle create da James Ellroy?
RispondiEliminaContinua così!
Ti ringrazio Claudia del tuo commento così profondo e significativo. Sono lusingato del paragone, anche se ammetto una mia lacuna nei confronti di Ellroy che corro subito ad acquistare. E leggere...
EliminaLetta anche questa seconda parte,ormai mi conviene seguirlo fino alla fine,mi incuriosisce e sopratutto mi appassionano moltissimo le vicende del tenente Dellastiara.
RispondiEliminaIl commento di chiara-99star si rifà per molti versi a quello mio fatto nel primo episodio "La Villa" e condivido in pieno i commenti degli altri,hai fatto un intelligente collegamento.
E adesso sotto con la terza parte
:-)
Non conosco ancora la fine della storia. Però stai vicino al buon tenente. Ha bisogno di amici
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