Il viaggio in auto dura solo qualche altro minuto. Giusto il tempo di
uscire da quei budelli infernali, quasi dalla città. Il calcestruzzo sembra
dominare incerto quella zona. Alcune piante timidamente tentano di riaffermare
il dominio della natura in quel mondo violentato dall’artificio dell’uomo.
Endi si ferma davanti all’ingresso di un palazzo. Un condomino che un
tempo doveva essere stato dignitoso, nobile quasi, ma che il tempo aveva
consumato e corrotto, fino a ridurlo ad un pallido ricordo di se stesso.
Siamo arrivati, disse.
Scende dall’auto, fa il giro e mi apre lo sportello. Barcollando esco
dall’abitacolo. Il braccio provvido di Endi mi aiuta a sostenermi. Le gambe
tremano. I piedi non rispondono. È l’alcol, mi dico. Ma so che in gran parte è
quel nero terrore che dal fondo dell’anima sta prendendo sempre più piede. Non
riesco a togliermi dalla mente le cose che ho visto durante il viaggio. Quei
segni di un inferno presente e vivo su questa terra. Demoni che vivono tra noi.
Endi con la mano libera preme il bottone del citofono. Nessun nome.
Una voce resa metallica dall’apparecchio domanda un si poco convinto.
Sono io, fa Endi, ho bisogno di te.
Per tutta risposta la serratura del vecchio portone di legno scatta
con una eco sorda e secca.
Endi entra trascinandomi con sé. Sono talmente a pezzi che l’imbarazzo
per la scena pietosa che offro ormai è del tutto svanito.
Alle nostre spalle la notte sta finendo. Prima di entrare riesco a
vedere l’orizzonte che va schiarendosi, una prima pallida incerta luce si nota al
termine della notte. Il mio viaggio sta finendo, penso.
Endi mi infila in un ascensore di legno vecchio stile, con le doppie
porticine, incastrato in una gabbia metallica nella tromba delle scale. Preme
il tasto del piano e cominciamo a salire, lentamente.
Ogni rumore mi arriva come una frustata. Ogni rumore rimbalza sui gradini
di granito, riverbera nel vuoto di quello spazio che sembra infinito. Ogni
rumore fa vibrare il metallo e il legno. Ogni rumore mi spacca la testa.
Mi fido di Endi ma le residue ombre della notte che durano negli
angoli di quei corridoi mi fanno tremare. Eppure non sono un tipo pauroso. Più
volte ho affrontato assassini e criminali in duelli e sparatorie da film
americano. Senza battere ciglio. Sempre con il sangue freddo e la capacità di
valutare la situazione con calma e lucidità. Un bel respiro è il mio segreto.
Prima di ogni evento importante, prima di ogni impegno. Tiro dentro aria fresca
e calma, poi butto fuori aria viziata e tensione. Ma gli ultimi giorni hanno
scosso i miei nervi. Respirare non basta più. Mi sento sull’orlo di un baratro
aperto su un mondo sconosciuto. E questo mi terrorizza.
Arriviamo finalmente alla porta cercata. La mano che mi sostiene si
stringe per un attimo, come a infondermi coraggio.
Bussa, leggero tocco. Entra senza attendere risposta.
La casa che mi accoglie è un museo delirante. Una wunderkammer d’altri
tempi. Ogni ripiano è stipato di strani oggetti C’è un odore speziato, come di
incenso che abbia bruciato ma che ora è spento.
Dopo un breve corridoio arriviamo ad un grande salone. Tappeti a
terra, strani arazzi. Statue etniche. Oggetti in ogni dove. Un caos ordinato di
influenze magiche.
Un grande divano di velluto rosso accoglie una donna sdraiata. Sembra
la canoviana Paolina Bonaparte vestita, che al posto della mela regge un libro
di cui non riesco a leggere il titolo. Occhi languidi ci invitano muti ad
entrare in quell’antro di strega moderna.
Ciao Kris, dice Endi, ho qui un amico nei guai. Ha bisogno di te.
E mi scarica su una poltrona di damasco oro e verde.
Lei, Kris, si alza lentamente. Senza togliermi gli occhi di dosso si
avvicina prendendomi la testa tra le mani. Le sue dita sono calde. Mi premono
le tempie. Forte. Molto forte. Troppo forte.
Mi fa male ma non riesco a sottrarmi alla sua stretta dolcemente
feroce.
Poi tutto si fa buio.
Precipito
coscientemente in un riposante nero. Morbido velluto che mi permette finalmente
di obliare il terrore che mi stringeva la gola.
___
un racconto breve noir di AGO
qui una citazione di matrix c'era tutta:
RispondiElimina“Sei tu l’oracolo?”
“Indovinato! Non sono come tu mi aspettavi, vero? Sono quasi pronti. Un profumino delizioso! Ti inviterei a sederti, ma so che tanto non lo farai. E non preoccuparti del vaso”.
“Quale vaso?” fa lui, di scatto, rovesciando con il braccio quello che sta su una mensola.
“Quel vaso”.
“Chiedo scusa”.
“Ti ho detto di non preoccuparti, lo farò riparare da uno dei miei ragazzi”.
“Come lo sapevi?" ribatte lui, stupito.
“Oh! È la domanda successiva che ti frulla nel cervello sarà: < Lo avrei rotto lo stesso se lei non avesse detto niente? > Sei più carino di quanto credessi. Ora so perché le piaci”.
“A chi?” chiede lui, sconcertato.
“Ma non sei tanto sveglio! Sai perché Morpheus ti ha portato qui da me, allora, tu che ne pensi, pensi di essere l’eletto?”
“Ad essere sicuro non lo so” risponde Neo con un velo di sfiducia negli occhi.
“Sai cosa dice quella scritta?“ e gli mostra un cartello, che campeggia sullo stipite della porta della cucina.
Neo la guarda e riconosce l'antico detto di Pindaro: . Poi la donna con fare bonario gli si avvicina e dice:
"Voglio confidarti un piccolo segreto: essere l’eletto è come essere innamorato. Nessuno può dire se sei innamorato, lo sai solo tu, te ne accorgi per istinto. Bene, ora fatti dare un’occhiata, apri la bocca e di’ah”.
aspetto il prossimo episodio.
grande AGO!!!
Impervio è il cammino degli eletti, soprattutto quando non si sa di esserlo. L'importante è avere amici fidati lungo il cammino.
EliminaRimango in trepidante attesa di ciò che succederà al poveretto. Glie stai a fa vedè i sorci verdi, eheh!
RispondiEliminasorci verdi e demoniaci... il tenente sta rompendo il velo che lo tiene al di qua della verità.
EliminaMi piace assai questa Kris.
RispondiEliminaMi piacciono le streghe.
<3
WOW AGO, forte questo episodio,non pensavo che Endi frequentasse certa gente.
RispondiEliminaAnche in questo episodio facciamo la conoscenza di un'altra enigmatica figura che non mancherà di svelarsi leggende le altre parti.
Anche in questo episodio fai largo uso di descrizioni degli ambienti circostanti,dal degrado urbano passiamo ad una casa che sembra un museo,un luogo che in teoria non dovrebbe essere collocato li...ma per qualche strana ragione invece c'è
Bravo come sempre AGO!
Sono le persone migliori quelle che non lo sembrano...
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