Manlio Dellastiara aprì gli occhi. Si sentì sereno. Calmo.
Per la prima volta da molti giorni, il suo sguardo non si era aperto
sul mondo col timore di vederlo. Un barlume di speranza si poteva notare nella
sua espressione. Una ruga forse era scomparsa. La pelle del viso meno tesa si
era colorata di un tenue rosore. Le occhiaie erano meno cupe. Le labbra meno
secche.
Manlio guardò quello strano appartamento, memorizzandone i
particolari. Proprio non riusciva a smettere i panni da investigatore, che gli
calzavano a pennello. Il sole del mattino illuminava le piccole statuette di
ottone, i porta candela di pietre dure e i mandala fatti con chissà quale
materiale, chissà quando e chissà da quali piccole esili dita straniere.
Se in quell’accumularsi di oggetti ci fosse un ordine, Dellastiara non
seppe riconoscerlo.
Improvvisamente venne colpito da un odore. L’aroma del mattino si fece
largo tra i profumi orientali. Un sentore di quotidianità che temeva perduta e
che lo fece stare bene. L’odore
del caffè.
Manlio si alzò a sedere. Aveva ancora addosso i vestiti logori e
sporchi del giorno prima, che lo misero in imbarazzo.
Poco dopo una vestaglia di seta rossa svolazzò nel salotto. Dentro
cera una donna abbigliata anche con un sorriso sincero. I suoi occhi tristi però
la dicevano lunga sulla saggezza che quella donna aveva accumulato.
Probabilmente a causa di terribili sofferenze.
Bentornato tra noi, dissero le sue labbra senza smettere di sorridere.
Abbiamo riposato bene?
Un balbettio affermativo scappò tra i denti del tenente.
Allora Manlio, continuò lei, credo che abbiamo molto di cui parlare e
temo poco tempo per farlo. Però le idee vanno schiarite per bene prima di
cominciare. Ora bevi il caffè e mangia qualcosa. Intanto raccontami.
Manlio ebbe l’impressione che gli occhi di lei lo penetrassero. Si
sentì l’anima sondata con grazia energica.
Le parole sgorgarono improvvise e copiose. Ruppero gli argini di una
vergognosa titubanza nel parlare di eventi al di fuori della comprensione.
Manlio Dellastiara parlò e raccontò a quella dolce donna gli avvenimenti che
tanto lo avevano sconvolto.
Parlò dell’assassino che lui aveva inseguito per mesi e che compiva
agghiaccianti delitti a sfondo rituale.
Raccontò di come l’aveva infine trovato in una villa abbandonata.
Disse che quello che si trovò davanti era il suo Capitano. Anzi, disse che il
corpo era quello del Capitano Donati ma non la voce. La malvagia follia di
quella voce non apparteneva all’uomo che conosceva da anni. Era come se una
delirante forza ultraterrena ne avesse preso il posto, per compiere i suoi
delitti deliranti.
Ricordò Manlio di quell’ombra che lo aveva sfiorato e del gelido
orrore che aveva sentito e che forse ancora adesso si portava dentro.
Kris accolse tutte le sue parole senza interromperlo. A volte
incoraggiandolo, completando le parole lasciate appese nel vuoto.
Manlio finì il caffè ormai freddo e la guardò. Fu un attimo. Ancora la
follia si sovrappose alla realtà. Gli occhi dolci e tristi da caldo castano
divennero gialli. Le accoglienti pupille divennero tagli verticali.
Un balzo all’indietro del tenente fece capire a Kris che aveva visto.
Come mai, si chiese lei, quest’uomo poteva vederla? Sembrava riuscire a
squarciare il velo delle illusioni. Non importava. Lui aveva bisogno d’aiuto.
Endi glie lo aveva portato per questo. Per ciò Kris non avrebbe esitato ad offrirglielo.
Manlio, disse Kris, calmati. Lui non riusciva a trattenersi dal
tremito improvviso che l’aveva preso. Si trovava davanti ad un essere strano e
sconosciuto, a casa del quale aveva trascorso le ultime ore. Cosa avrebbe
potuto fargli quel demone? Si sarebbe potuto comportare come quel demonio che
aveva divorato Lucky e che lui aveva ammazzato in un delirio di terrore.
Perché Endi lo aveva portato nella tana di quel mostro?
Kris attese che tutte le domande passassero attraverso la mente di
Dellastiara, lasciando traccia del loro trascorrere nella sua espressione. Non
si mosse ma attese.
Manlio alla fine si calmò. Si rilassò. Infine guardò Kris. Cosa sta
succedendo?
Mi chiamano Kris. È un soprannome, naturalmente. Il mio vero nome
sarebbe per te impronunciabile e per me sarebbe imprudente fartelo sapere.
Appartengo ad una specie diversa dalla tua. Noi abbiamo sempre abitato con voi
ma abbiamo sempre dovuto nasconderci a causa dell’ignoranza e della paura, che
da sempre hanno guidato le azioni dell’umanità. Alcune di noi si fanno chiamare
streghe.
___
un racconto breve noir di AGO
però non puoi tagliare così!!!!
RispondiEliminainteressante, voglio proprio vedere come sviluppi il racconto, e il fatto che hai rievocato il capitano donati e lucky lascia presagire che qualche filo lo stai iniziando già a tirare.
suspense...
RispondiEliminaVai a fidarti degli amici! Eheh!
RispondiEliminaQuelli un po' strani sono i migliori!
EliminaOrmai le avventure del tenente Dellastiara stanno diventando un vero e proprio romanzo. Continua così, tienici sulle spine!
RispondiEliminaSi, ma non troppo!!! Eheh! Va be, ti capisco, sei al clou e vuoi pensare bene come andare avanti. Aspettiamo con nervosa serenità, eheh.
EliminaB.M.
Il tenente si sta preparando. Non siate impazienti...
EliminaSempre bravo AGO,d'accordissimo con tutti gli altri utenti che hanno postato,le vicende del tenente Dellastiara stanno prendendo un esito davvero sorprendente.
RispondiEliminaQuesta strega Kris immagino sarà molto utile per le indagine del nostro caro tenente,e poi diciamocelo le streghe non sono tutte cattive.
Chi si ricorda del celebre serial americano Streghe (Charmed) sarà d'accordo con me.
Interessante il fatto che i personaggi precedenti non si perdono nel vuoto e che vengono citati intelligentemente!!
A adesso,via all'episodio 10
:-)
Le streghe NON sono malvagie ma soltanto fraintese. Spiriti liberi che non si piegano alla società (maschilista) dominante.
EliminaKris ha combattuto, e sta ancora combattendo, la sua battaglia, cui spero di dare un sia pur piccolo contributo...