Rambaldi dove cazzo vai?
L’urlo percorre le pareti del corridoio, rimbalzando fino a
raggiungere la caviglia dell’agente Mauro Rambaldi, in veloce fuga verso la sua
postazione di lavoro, avvinghiandosi ad essa come le bolas di un gaucho.
Immobilizzandolo.
Raggiungo in un baleno il fuggente Rambaldi, prendendolo per la
collottola della giacca.
Rambaldi tu adesso vieni con me. Non abbiamo ancora finito!
Come sua abitudine il povero Rambaldi inizia a tremare davanti alla
furia di un suo superiore, mi segue con la coda tra le gambe fino alla volante
parcheggiata nel cortile della stazione di Polizia.
Sali, gli intimo, aprendo lo sportello del lato passeggero.
Rambaldi si mette alla guida.
Dove andiamo tenente? Mi chiede squadrandomi come se fossi un indemoniato.
Apro lo specchietto di cortesia e in effetti gli occhi cerchiati di rosso, le
profonde occhiaie e i capelli scarmigliati non rendono di me l’immagine del
tutore della Legge che dovrei essere.
Se a questo aggiungessi l’alito alcolico e il sudore che mi sta
inzuppando la camicia, sarei perdente in un concorso di bellezza con il mio
caro amico Sergio.
Rambaldi, dico con la bocca leggermente impastata, devi aiutarmi. Sto
andando a soccorrere un amico. È in pericolo e non ho tempo di applicare tutte
le cazzo di procedure della Procura della Repubblica. Ho fretta di tirarlo
fuori dai guai, prima che sia troppo tardi. Vuoi aiutarmi?
Incerto nelle parole ma deciso nello sguardo il sì dell’agente
Rambaldi, di Mauro, mi rincuora e mi dà quella fiducia di cui avevo bisogno.
Lo ringrazio con un sorriso sghembo e un cenno del capo. Non serve
altro.
Parti Mauro. Andiamo a casa mia.
Lungo la strada provo a parlare di quello che mi è successo negli
ultimi giorni. Nelle ultime notti.
Lui non stacca gli occhi dalla strada. Non si gira come fanno in molti
per dimostrare la sua attenzione alle mie parole. Tiene d’occhio il traffico di
questa città, selvaggio come una giungla. E altrettanto pericoloso.
Solo al termine del mio racconto, alquanto riassunto, il buon agente Rambaldi
coglie l’occasione di un semaforo rosso per voltarsi e osservarmi con gli occhi
increduli a girella dei manga.
I diavoli, tenente? Mi dice. È sicuro de quello che mi sta dicendo?
Non è che, con rispetto parlanno, è cascato ner su’ vizietto? Me deve da scusà
l’ardire, ma dalla morte der capitano Donati a tutti giù in centrale è sembrato
che lei fosse rimasto particolarmente scosso. Come a dì: turbato.
Sono turbato, rispondo, perché il mio mondo è stato rivoltato come un
calzino. Perché ho scoperto che questi demoni si sono introdotti nella società
e si sono riprodotti. E soprattutto ho scoperto di riuscire a riconoscerli,
capisci? Posso capire chi ha in sé questo caos. Ho paura di guardare le
persone, Rambaldi, e vedere in loro questo male.
Ora, aggiungo, non so che pesci pigliare. Devo salvare il mio amico.
So dove quel bastardo lo ha portato, ma ho paura che la pistola non basti.
Aiutami!
Rambaldi ha lo sguardo fisso altrove. Scatta il verde e parte. Poi
dice, non so se lo vole sapere, ma per quello che ne so io, per combattere i
diavoli, ce vole un prete.
Rambaldi, dico, lo sapevo che sei un genio! Fermati alla prima cazzo di chiesa che vedi, che ne piglio uno e mettiamo fine a questa storia.
Rambaldi, dico, lo sapevo che sei un genio! Fermati alla prima cazzo di chiesa che vedi, che ne piglio uno e mettiamo fine a questa storia.
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un racconto breve noir di Ago
Audace Rambaldi! Beĺla la scelta della prima persona... il finale mi ha letteralmente ucciso!
RispondiEliminaeh eh eh!
EliminaGrande AGO,finalmente hai rilasciato il diciassettesimo episodio del Tenente Dellastiara,sorbito gustosamente come una bella bibita ghiacciata in pieno agosto e ovviamente apprezzato come tutto ciò che scrivi in questo blog caro amico mio!!
RispondiEliminaL'idea di narrare questo episodio in prima persona,la trovo un ottima scelta.rendendo le cose ancora più avvicenti.
Non mi aspettavo che Rambaldi avesse questo talento di dire le "minchiate al momento giusto" e quindi anch'io son rimasto stupito del finale e...perchè no anche divertito nonostante il contesto.
Sembra che il tenente sia ad un passo dalla verità e spero che riesca (insieme a Rambaldi) a salvare il povero Endi.
AGO spero che rilascerai al più presto il nuovo episodio e complimenti per la lodevole evoluzione della vicenda!!
caro Giuseppe, siamo alle battute finali. Citando un film che amo "in genere è il momento in cui il terreno frana sotto i piedi"...
EliminaBibita? Granita al caffè, direi.
in nome del padre
RispondiEliminadel figlio
e rock and roll
Sei più vicino di quanto pensi...
EliminaAvvincente!
RispondiEliminaScrivi davvero bene, AGO, e i tuoi personaggi (quelli fin'ora incontrati, che sono nuova del tuo blog, ma molto entusiasta) sono tutti un pò folli, autoironici, non riescono a prendersi sul serio, quindi mai autoreferenziali.
Credo ch ti rappresentino in pieno :)
Mi piace il tuo stile di scritttura asciutto, essenziale, molto maschile (è un complimento eh) mi pesante, forzatamente virile (eh si che il genere noir, potrebbe indurre in tentazione) anzi, diventa leggero, frizzante, proprio nel momento topico, quello più vicino al pathos, tu riesci argutamente a riequilibrarlo, con una battuta ironica. Eroe moderno (direi che quell'indirizzamento di endi, come tu mi hai detto, su uno stile underground, è assolutamente azzeccato, per un eroe (o anti eroe) che si confronta e scontra con i demoni che da sempre perseguitano l'umanità.
I demoni biblici e quelli metafisici.
Ho adorato il racconto de" Il gatto" ho postato un commento.
Disvelato nel finale è proprpio quello che intendo io quando parlo di"stanze segrete".
Un saluto entusiasta e l'augurio di un buon week end :)
Sono fiero dell'apprezzamento che esprimi verso i miei lavori!
EliminaTrovo che l'autoironia sia una potente arma e che sia sempre bene non prendersi troppo sul serio.
Un eroe moderno o postmoderno (come si usa oggi) è il mio tenente, nel quale, come hai argutamente notato, ho riversato buona parte di me.
Un abbraccio e un buon fine settimana anche a te!