mercoledì 14 dicembre 2011

L'esploratore - racconto breve


Mi avviai. La meta era distante. Lo sapevo. Non ne ero spaventato, perché una volta trovata, mi avrebbe ricompensato di ogni fatica.
Dall’alto del monte proseguii lungo il crinale. Da una parte e dall’altra due pozze di acqua ornate di lunghe erbe riflettevano le sfumature del cielo. Il costone si inerpicava di nuovo. Anche se sottile preferii scalarlo, piuttosto che aggirarlo. Avrei goduto di una magnifica vista sul territorio circostante.
Arrivato in cima non stetti molto a bearmi ma ridiscesi per l’erta, in fondo alla quale trovai una fossa circondata da morbidi rilievi.
Dalla fossa proveniva un alito di vento. L’aria calda e umida portava con sé il profumo di erbe e fiori.

Un ultima salita lieve e poi giù lungo la gola bianca, sul fondo della quale era possibile avvertire il flusso della corrente d’aria, che poi si riversava fuori dalla fossa.
A questo punto dovetti procedere con cautela.
Su entrambe i lati si innalzavano maestose colline. Gemelle. Il terreno morbido saliva fino a culminare in cime che il sole al tramonto colorava di un rosa intenso.
Questa volta non mi detti la briga della scalata. La curiosità insita nel mio animo mi spinse comunque a compiere un giro di ispezione intorno ad entrambe. Lentamente. Con attenzione. Cercando di capire se il mio passaggio avrebbe scatenato qualche reazione.
Il tempo impiegato in operazioni di ricognizione non è mai sprecato. Se quella volta non ebbi il tempo di salire, riuscii preparare una mappa mentale della zona, per potervi tornare con agio la prossima.
Ritornai nel mezzo delle colline. Alle spalle le cime già scalate e conosciute.
Davanti a me una piana dolce. Aperta. Leggermente incurvata e più oltre la foresta, oltre alla quale speravo di trovare ciò che cercavo.
Procedetti lento. A volte negli spazi aperti si possono trovare più pericoli che in quelli angusti.
Raggiunsi un piccolo avvallamento, quasi al centro della piana, dove mi fermai a riposare.
Ora mi aspettava la parte più difficile. Ero stremato dall’attraversata e ancora dovevo salire sull’ultimo promontorio, che saliva piano e nascondeva la foresta.
Incominciai la marcia. Che si rivelò meno stancante del previsto.
Infine raggiunsi la foresta. Non molto estesa per la verità, ma folta.
Usai tutte le mie conoscenze per attraversarlo incolume. Lo sforzo fu grande. È proprio vero che l’ora più buia e fredda è sempre quella che procede l’alba. Più volte fui sul punto di rinunciare. Non mi importava più nulla della ricompensa. Non mi importava più nulla se lei sarebbe stata delusa. Non mi importava più nulla di niente. Proprio quando toccai il fondo dello sconforto, scivolai. E la trovai.
Eccola, infine! La grotta era umida. Calda, accogliente.
Mi immersi. Più volte. Battesimo antico. Fuoco e acqua. Passione e gioia.
Entrai. Esplorai. Uscii e le girai intorno.
Il profumo che emanava era di tale intensità che più volte venni meno dal piacere.
Ce l’avevo fatta!
Quanta strada.
Quanta gioia!
Per essere un dito...

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un racconto breve di AGO

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