Buio.
Silenzio.
Freddo.
Notte.
Sofia alza la testa di scatto. Subito la ricaccia sotto il piumone. Non ha visto niente nell’oscurità terribile. Ma ha sentito qualcosa. Nei suoi sogni bambini si è insinuato piano un rumore. Ha inquinato l’azzurro zucchero del cielo. Ha macchiato il rosa morbido degli alberi. Ha rovinato tutto. Tutto!
Durante quel movimento rapido Sofia realizza due cose. Primo: la piccola lucina che di solito combatte contro le tenebre aveva ceduto. Il drago aveva divorato il cavaliere. Secondo: doveva assolutamente andare in bagno.
Problema.
Incertezza.
Difficoltà enorme.
Sofia si trova tutta sola e tremante nel caldo del piumone. Ma la tranquillità del sonno non viene ad accarezzarle gli occhi per chiuderli portandola di nuovo nei suoi meravigliosi sogni. No. Sono piuttosto gli artigli della paura a farsi sentire, graffiando silenziosamente il buio con unghie nere.
Devo provare a dormire, pensa Sofia, così non mi scapperà più di andare in bagno. Chiude gli occhi e in breve il mare l’avvolge. Si tramuta in una scrosciante cascata che zampillando la trasporta nella più allegra delle fontane. Le statue di donne e delfini sembrano amichevoli, ma una di esse la guarda con fare beffardo. Anzi ride, mentre si trasforma in un water in cui l’acqua vorticosa ruggisce e sciaborda.
Sofia si sveglia. Di nuovo. Di soprassalto. Non ce la fa più!
Devo accendere la luce, pensa, ma per nessuna ragione al mondo Sofia avrebbe gettato la mano fuori dal suo rifugio, inviandola sola e sperduta in quell’abisso di oscurità che la circonda.
Però la necessità sta diventando impellenza. Deve decidersi. Piano le dita sgusciano dalla coperta. Percepiscono il freddo e vorrebbero tornare ma Sofia le spinge avanti, nel buio, nel vuoto.
L’urto col comodino è quasi un trauma. La mano rimbalza indietro lanciando un brivido. Come una scossa di paura al cervello. Sofia suda freddo ma ormai è decisa. La mano scorre ora sul muro alla ricerca dell’interruttore. Trovato!
Click.
Luce.
Le ombre fuggono sotto il letto, dietro le mensole, nei cassetti. Sofia timida fa capolino e controlla l’ambiente che da ostile è tornato amichevole. In apparenza.
Sofia col cuore che le martella il petto ansima leggermente. È stata una dura prova ma è fatta. È contenta, ma non è finita.
Con i piedini nudi muove passi incerti verso la porta. La apre e dà un’occhiata. Buio. Ancora.
La casa dorme ma non i demoni e i fantasmi che la sua fantasia ha creato. Ad un tratto un rumore. È stato un attimo. Da un punto impreciso è arrivato a lambirle i timpani. Cosa è stato? L’eco del suono nemico le rimbalza ancora nella testa.
Sofia trema. Immobile. Sola. Gli occhi pieni di lacrime pronte a gettarsi lungo le guance.
Non è sicura di quello che ha sentito. È stata solo la paura? È stato un sogno? In fondo ha solo sei anni. Non si fa poi tutte queste domande. Per lei il sogno e la realtà si confondono. Anzi si fondono. E purtroppo anche gli incubi. Quello che immagina è reale tanto quanto il pavimento che sente freddo sotto i piedi. Il rumore c’è stato. Se fuori o dentro di lei, poco importa.
Sofia cerca di calmarsi. Si forza. Muove un piede e poi l’altro. Dalla sua camera il riflesso della luce le dà conforto. Lentamente arriva fino al bagno.
Là in fondo la tazza del water. Ostile. È il suo prossimo nemico. Ma è anche la sua meta. Così prende coraggio. Accende la luce. Si toglie pantaloni e mutandine e fa pipì. Che sollievo! Sembra tutto passato ormai. Le paure fuggite. Lontani gli strani rumori.
Un’ultima prova. Un ultimo ostacolo prima di tornare al caldo abbraccio del letto. Lo sciacquone. Un mostro infingardo e subdolo. È lì tranquillo, ma sembra che dorma con un occhio solo, pronto a balzare fuori e raggiungerla. Non ci sono molte soluzioni. Non c’è strategia. Sofia preme il bottone e corre!
Il ruggito del mostro la insegue fino alla porta del bagno, che lei chiude sbattendo forte. Il corridoio pare allungarsi mentre le gambe si fanno molli. Sofia è raggiunta dal mostro, dai fantasmi, dalle streghe e dai demoni che abitano ai margini delle sue fantasie infantili. Proprio dietro alla casa delle bambole. Proprio dietro alle gonnelline e ai gioielli di plastica.
Sofia cade a terra. Piange. Possibile che nessuno la senta? I mostri avranno preso anche i suoi genitori?
Devi farcela, piccola! Dai. In piedi! Sofia si fa forza ancora una volta. Si alza. Il corridoio è un tunnel in penombra. Ma la sua cameretta è vicina.
Ce la faccio! Pensa.
Finalmente arriva alla cameretta. Il letto la accoglie con un mormorio di approvazione.
Sofia si stende sotto il piumone. Fiera si addormenta.
Al mattino mani delicate la svegliano. Ciao amore, come è andata la notte? Sofia è contenta di vedere il viso sorridente della mamma. Tutto bene mamma, risponde.
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un racconto breve di AGO
Mi hai trovato su twitter e io curiosa sono arrivata qui :)
RispondiEliminaTi leggerò...
Bellissima....
RispondiEliminaSerena
Bellissimaaaa!!
RispondiEliminaGiulia
AGO il contesto "paura" in questo racconto è davvero ben caratterizzato si respira e ci si immedesima...,la scena del water è molto originale!
RispondiEliminaMi rispecchio,anzi ci rispecchiamo penso tutti,anche se il buio resta comunque il terrore di grandi e piccini.
E cosa naturale alla fin fine...
Le paure dell'infanzia sono quelle che ci seguono tutta la vita. Lo sappiamo bene noi due. Il buio è una di quelle.
EliminaAncora mi ricordo quando da piccolo facevo esattamente le stesse cose che fa Sofia
Ecco a cosa ti sei ispirato,
RispondiEliminaio invece nel buio,quando avevo sete e andavo a bere in cucina (potevo avere 5 o 6 anni) avevo paure del rubinetto della cucina che faceva plik,plok oppure i passi notturni della coinquilina sopra che si sentivano chiaramente.
Sembravano i passi di un orco.