Urak ha paura. La marcia è stata esaltante fino all’accampamento, ma ora che si avvicina il momento della battaglia, il coraggio sta lasciando posto alla paura.
Sa che loro sono i nemici. Sa che se la battaglia sarà perduta, l’impero avanzerà verso le montagne e conquisterà le terre, cacciando la sua tribù e quelle degli altri clan verso nord. Verso il freddo e la fame. Sa che molti dei suoi amici e fratelli non vedranno il sole tramontare questa sera. E probabilmente neanche lui. Ora la paura retrocede. È scalzata da un nuovo e più forte sentimento. Odio. Sono loro i colpevoli! Gli uomini che si annidano dietro quel fortino fatto di pali di legno. Che si riproducono e crescono come una malattia. Il loro impero si espande in ogni direzione per sottomettere e sfruttare i popoli. Devono essere combattuti! E sconfitti!
La marcia è terminata. Solo un bosco rado divide i guerrieri dall’avamposto imperiale. Il piano è semplice. E ardito. Il grosso delle forze delle tribù attaccherà frontalmente, impegnando i soldati imperiali, mentre una piccola unità si infiltrerà sul versante opposto, che con un po’ di fortuna sarà stato lasciato sguarnito. Per questa missione sono stati scelti solo i guerrieri migliori. Urak no. Sarà accanto al padre nell’attacco frontale.
È l’alba. Tutto è pronto. Ogni cosa pare sospesa. Urak vede i raggi del sole fermi sulle cime delle montagne più alte. Gli uccelli non cantano. Il vento non soffia. Il mondo intero attende. Poi il verso della civetta. Due volte. Inizia l’assalto.
Sulle palizzate i soldati di guardia ciondolano il capo nel dormiveglia. Un rumore si insinua nei loro sogni rossi di vino. Un grido. Passi, anche. A centinaia.
Il primo a svegliarsi è anche il primo a morire. Forse neanche se ne è accorto.
Altri urlano dal dolore, colpiti dalle frecce. Carne morsa da metallici denti. Sangue.
I guerrieri delle tribù attaccano il portone del villaggio, con una carica eroica e disperata. I soldati vedono scudi di pelle, zanne, spade e lance portatrici di morti orrende che si avventano contro il legno protettore. Che però non può resistere.
Dall’altra parte il gruppetto di assalitori si muove silenziosamente. Arriva sotto le mura di legno e pietra. Il più ardito vi si arrampica. Lesto. Ragno mortale. Spia oltre il bordo e vede la battaglia infuriare. Nessun’altro. Fa un cenno ai compagni. Scavalca. Getta una corda e attende. Sono tutti dentro. Bene, pensa. Il villaggio non è grande. Il gruppo corre diretto verso il portone.
Tutto questo Urak non lo sa. È conscio solo del terrore che gli ha serrato la gola da quando ha visto il primo dei suoi compagni cadere. Poi ancora l’odio. Solo l’odio impedisce che il giovane fugga da quell’orrore. Da quella disperazione.
Urak perde di vista suo padre e i suoi fratelli quando le porte del villaggio si spalancano. Urak vede al di là dell’apertura i coraggiosi guerrieri che si sono infiltrati e rispettando il piano a rischio della vita hanno aperto la strada al resto del contingente. La fiumana di corpi lo trascina all’interno. Ovunque intorno sono grida e sangue. I guerrieri e i soldati si impegnano in duelli feroci. Le belve si affrontano digrignando i denti e urlando. Deformano il volto come demoni.
Urak cede. Fugge. Lontano da quel caos mortale. Si infila in un vicolo, tra due case di legno. Trema. Paura e vergogna.
L’eco della battaglia lo raggiunge. Poi il rumore di passi. Un soldato lo vede. Corre verso di lui con la spada alzata. Urak si difende. Ma l’uomo è troppo forte. Lo ferisce mille volte. Poi un urlo di donna. Il soldato si distrae e Urak ne approfitta. Con tutta la sua forza penetra la lama nel ventre del soldato. Che guardandolo negli occhi muore. Urak non aveva mai ucciso prima. Aveva cacciato, si. Mai assassinato qualcuno. Vede l’uomo accasciarsi. Sente gli ultimi rantoli. Percepisce l’anima che fugge dallo squarcio sanguinante.
Scappa ancora Urak. Questa volta in preda alla nausea. Non sa ancora che altre ucciderà nella sua vita. Ora è solo disgusto e orrore.
Apre la porta di una casa. Vede uno dei suoi compagni che minaccia una donna. Lei protegge col suo corpo un bambino. Piange e chiede pietà.
Vertigini. Smarrimento.
Questo è già successo, pensa Urak. A me!
Fermo Golug, grida. Poi si rivolge a lei. La guarda negli occhi. Non ti preoccupare, dice in una lingua che non conosce, ti aiuterò io. Lei grida. Ha paura.
Golug si avventa sulla donna ma Urak è più svelto. Tenta di spingerlo via ma Golug si oppone. È un attimo. La lama di Urak penetra con involontaria dolcezza nella carne. Per la seconda volta quel giorno il ferro beve il sangue in una libagione di morte.
Ho ucciso, pensa Urak, di nuovo! Un mio compagno. No!
Fuggi, grida alla donna in quella strana lingua che non è la sua. Che non conosce, ma che si affaccia alla memoria insieme ad un profumo dimenticato da tempo. Quando esce dalla casa vede suo padre. Accanto a lui la donna ed il bambino. A terra. Morti.
No! Urla Urak avventandosi contro suo padre. Pugni, calci morsi. Il padre li accetta con uno sguardo di comprensione, stringendo a sé il figlio. Intorno a loro le fiamme stanno divorando l’intero villaggio. I corpi dei soldati, di uomini e donne sono sparsi a terra esanimi. Anche di bambini.
Abbiamo vinto dice il padre a Urak. Fiero e amaro.
Gli orchi hanno vinto!
Gli orchi hanno vinto!
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un racconto fantasy di AGO
Mi è piaciuto molto questo tuo vecchio racconto... lo stile è diverso, e vedo che questo genere di fantasy non ti attrae più tantissimo, eppure ti ho sentito molto vicino. Fino a qualche anno fa scrivevo solo racconti con ambientazioni simili. :)
RispondiEliminaIl finale mi ha ricordato "Sentinella". Bravo, come sempre! Aspetto ansioso nuovi lavori. :)
In realtà è proprio il contrario. Il Fantasy è il genere che preferisco ma che mi riesce più ostico. Urak comunque è lì nel cassetto, che attende il momento giusto per uscire. Grazie Emilio.
EliminaAGO ho letto anche questa parte!
RispondiEliminaBellissimo e spettacolare!!!!
Inserirai altri capitoli qui nel blog?
Dall'ultimo commento che hai scritto mi pare di capire che Urak sarà un libro completo e intuisco anche carteceo,dico bene AGO?
Caro Giuseppe,
Eliminaattualmente il ciclo di Urak è fermo a favore di un altro progetto (Il tenente Dellastiara). Ma il sogno nel cassetto di scrivere una saga fantasy rimane in cima alla mia "to do list".
In un prossimo futuro...