sabato 26 maggio 2012

Bandini - racconto breve


Sono anch’io qui sul margine del deserto, Bandini. Anch’io sono stato portato qui dall’amore sai? Un amore terribile e disperato. Come il tuo Bandini. Un amore che mi ha lacerato. Un amore non corrisposto. Un amore, comunque.
Ti sono stato vicino quando l’hai vista la prima volta e ci sei cascato. Con tutte le scarpe, direi. Quelle Urachas scalcagnate. Lei con quelle ci ballava. Volteggiava tra i tavoli e quei movimenti di grazia proletaria ti hanno rapito. Vero Bandini?

Io la mia me la sono scovata a cinquecento chilometri da casa. Ho colto la fragilità mascherata dietro all’ironia. Ho sentito che avrei potuto esserle vicino. Aiutarla. Essere il suo sostegno per il resto della vita. Anch’io mi sono innamorato, insomma. Non laceri mocassini messicani ma umori altalenanti e disperazione erano gli orpelli coi quali si agghindava nelle sue danze.
Abbiamo avuto gli stessi slanci Bandini. Mutatis mutandis si intende. Poesie, racconti. Ogni verso, ogni rigo strappati dal cuore a causa della loro incredibile indifferenza. Eppure è così che deve essere. Giusto Bandini? Se si fossero piegate subito alla nostra passione, se ci avessero seguito docilmente nei nostri pellegrinaggi metaforici e non, in cerca della vita o dell’ispirazione per scriverla, noi non avremmo cavato nemmeno una parola.
Qui fogli sarebbero rimasti bianchi.
Avremmo si avuto vite felici. Serene. Distese. Ma niente letteratura, mio caro Bandini.
Come avresti potuto diventare un grande scrittore? Come avrei potuto guardare nel baratro profondo che mi sento dentro se non avessimo avuto quegli strani amori a cui aggrapparci?
Te lo dico io, Bandini. Non ce l’avremmo mai fatta.
Quelle due stronze hanno strappato le nostre opere e le hanno gettate a terra. Noncuranti. Ignare forse del titanico sforzo da noi compiuto per darle alla luce. Ne hanno fatto decine di pezzetti e li hanno sparsi sul pavimento, sapendo benissimo che tra le mani tenevano parte della nostra stessa anima.
Caro Bandini, è questo il motivo per cui nel tuo gesto più sublime hai lanciato il tuo primo romanzo nel deserto nel quale lei si è incamminata? È stato un sacrificio? A quale dio sordo?
Io non ho avuto la tua stessa forza, Bandini. Il mio libercolo è qui. Al sicuro. Pensa che ne tengo sempre una copia con me, sperando di poterlo dare alla persona giusta. A qualcuno che possa apprezzarlo e capirlo. Ma questa persona non sarà mai lei.
È questa la sua terribile bellezza.
Ora volto le spalle al deserto. Me ne vado col mio fardello di ambizioni, speranze e sciocchezze. Col mio libricino in mano.
Ciao Bandini. Alla prossima.

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Un piccolo omaggio al grande John Fante di AGO

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4 commenti:

  1. Un po' triste ma bellissimo

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  2. Questo sfogo rivolto a John Fante,mi ha impressionato,bel racconto AGO.
    E proprio vero,molti scrittori che si basano su questa triste tematica traggono fortuna dalle loro sventure e dai loro pesanti fardelli,ma qua'è il prezzo da pagare?
    Sicuramente alto e salato,anche perchè come spesso capita la fama arriva sempre troppo tardi ossia dopo che lo scrittore in questione è andato nell'altro mondo.
    Doppia beffa.

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    1. te l'ho detto da qualche altra parte. Dio ha un pessimo senso dell'umorismo...

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