Versione audio di E.B.
Sono tornato dopo anni al mio paese. Finalmente gli odori della casa paterna. Dalla mia camera di bambino si vede la piazza. Quella principale. L’unica.
Sono tornato dopo anni al mio paese. Finalmente gli odori della casa paterna. Dalla mia camera di bambino si vede la piazza. Quella principale. L’unica.
Al centro della piazza c’è un pozzo. Da quello il paesino trae il suo
nome. Pozzo, appunto.
Su quella piazza si affacciano anche i due edifici più importanti
della vita della piccola comunità. La chiesa e il municipio, che si guardano
torvi dai lati opposti. La rissa è evitata solo da alcuni negozi, un bar e
l’edicola.
Il pozzo è antico. Affascinante. Terrificante.
Casa mia non è di quelle privilegiate, che si affacciano altere sulla
piazza principale. È un casermone anni sessanta posizionato qualche via più in
là. Però è alto e dalla mia camera riesco a vedere bene oltre ai tetti, fino
alla piazza. E al pozzo nel suo centro.
Quel buco oscuro nella terra e quelle pietre muscose mi hanno da
sempre suscitato un’inquietudine indefinibile. Mi ricordo che negli anni della
mia gioventù, prima che partissi seguendo i casi della vita, arrivai a tenere
chiuse le imposte, pur di non vederlo. Se qualche commissione mi obbligava ad
andare in piazza, stavo bene attento a girare alla larga da quella strana
presenza.
Questa sera, qui affacciato alla mia vecchia finestra mi guardo
intorno. Il paese è cresciuto. Nuovi palazzi e nuove persone. Ma la piazza è
rimasta identica.
Il cielo è elettrico. La sera autunnale è minacciata da uno degli
ultimi temporali estivi, che si sta preparando in lontananza. Il vento carica
l’aria di un’elettricità particolare. L’asfalto manda quel suo odore tipico con
le prime gocce di pioggia, che evaporano al contatto. Arrivano i tuoni e i
fulmini. Manca la corrente. Ancora, come tanto tempo fa.
D’improvviso una sorta di reminescenza sale dai profondi recessi della
mia memoria. Fu una notte d’autunno di moltissimi anni addietro, che tutto
cominciò. Quando ero appena un bambino.
Non riuscivo a prendere sonno. Sentivo il respiro ritmato della mia
sorellina al lato opposto della camera. Non accesi le luci, per non svegliare
qualcun altro.
Così con tutta la pazienza di cui fui capace, aprii le imposte e mi
affacciai alla finestra.
Anche allora la notte autunnale era fresca, ma risentiva ancora degli
ultimi strascichi d’estate.
La luna era coperta come ora. L’aria elettrica, come ora.
Probabilmente si stava preparando un grosso temporale. Ai tuoni lontani infatti
attribuii i rumori che sentii ovattati. Non subito mi accorsi però che quei
rumori formavano una sequenza, smorzata dalla distanza e non sempre udibile.
Un ritmo strano e ammaliante di percussioni ovattate.
Mi girai intorno, per cercare di capire quale ne fosse la fonte. Il
paese era immerso nel sonno e nell’oscurità. L’illuminazione pubblica era stata
staccata per il timore della tempesta in arrivo.
Fu allora che vidi al centro della piazza un bagliore fioco.
Circolare. Una luminescenza giallo verdognola, del colore che si potrebbe
attribuire ad una malattia. La luce pulsava. Cambiava intensità e colore,
virando a volte verso un arancio smorto.
Quella fioca luce proveniva dal pozzo!
La paura infilò i suoi artigli neri dentro la mia anima. Rimasi
paralizzato con gli occhi fissi su quell’apertura infernale, che mai e poi mai
avrebbe dovuto essere illuminata dall’interno.
Con gli occhi sbarrati e tutti i muscoli tesi, udii sempre più
intensamente il ritmo di quelle percussioni blasfeme. Non staccai gli occhi
nemmeno quando vidi muoversi la grata di ferro che chiudeva l’apertura. Da essa
uscirono figure oscene, partorite da incubi che avevano come unico scopo quello
di insultare la natura.
Vidi braccia e zampe, teste deformi e fauci spalancate.
Le creature sembravano muoversi contorcendosi, seguendo il ritmo dei
tamburi folli che proveniva dalle profondità del pozzo.
Alcune figure si disposero intorno ad esso, continuando a danzare
orribilmente. Altre si allontanarono, sfuggendo alla mia vista.
Questo non fece altro che aumentare il mio terrore. Mi immaginavo
quegli esseri demoniaci camminare per le strade del paese, per venire da me,
vedendomi affacciato alla finestra.
Furono momenti di puro terrore. Freddo. Nero.
Non so quanto tempo trascorse, poi le figure tornarono verso la
piazza, portando con loro una giovane donna, che si muoveva come una
sonnambula, vestita solo di una leggera camicia da notte.
I primi mostri si calarono di nuovo nel pozzo aiutandosi con chele e
tentacoli. Poi alcune spinsero la ragazza oltre l’orlo.
Per un istante lei ritornò in sé, uscendo da quel torpore ipnotico. E
mi guardò. Con i suoi occhi azzurri colmi di terrore.
Il suo sguardo fu come un grido muto. Una disperata richiesta. Aiuto!
Quel bizzarro stato catatonico si impossessò di nuovo di lei e fu
spinta giù nel pozzo dalle creature. Le ultime richiusero la grata dietro di
loro.
Il bagliore e il battere dei tamburi proseguirono ancora, anche se non
saprei dire per quanto tempo. Poi le forze mi abbandonarono e mi lasciai cadere
a terra, dove fui trovato al sorgere del giorno in uno stato simile al delirio.
Avevo rimosso completamente i ricordi di quella notte d’incubo. Li
avevo costretti in una zona sicura della memoria. Mi erano rimaste solo le
paure di quel pozzo oscuro, che percepivo inconsciamente come pericoloso.
Ma le circostanze di questa sera mi hanno fatto tornare alla mente
tutto.
Così decido di attendere la notte con una vaga speranza mista a paura.
Il temporale sembra arrivare ma è lontano. L’aria è elettrica. La luna in parte
coperta. Le luci del paese spente.
Quando l’oscurità è profonda ecco il bagliore, ecco i suoni. La grata
si apre di nuovo e di nuovo vedo le figure orribili uscire dall’imboccatura.
Ancora esse danzano. Ancora alcune di esse si allontanano, per tornare poi con
una donna ipnotizzata e rapita.
Lei non perde il suo stato onirico. Cammina quasi spedita verso il suo
nero destino. Ma una delle orribili creature oscene, che la stanno portando
nell’abisso oscuro dentro il pozzo, volge i suoi occhi verso di me. Io li ho
già visti. Una volta erano terrorizzati, ora sono malvagi. I suoi occhi azzurri.
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la descrizione del paese mi piace molto,è come se lo vedessi di fronte.
RispondiEliminaanche il finale è un viaggio nel tempo.
È stato un omaggio ad uno dei miei miti. Il grande H. P. Lovecraft
Eliminaho letto poco di lovecraft e molto tempo fa.
EliminaPeccato
RispondiEliminabello davvero molto bello! anche se sul finale ho come avuto l'impressione che tu avessi voglia di finirlo al più presto per poter vedere la tua opera al completo e quindi mi è perso scritto con un po' di accuratezza in meno... tuttavia trovo che l'idea sia fantastica! io continuerei ad ampliarlo descrivendo la curiosità del protagonista che alla fine lo spinge a scendere nel pozzo per vedere cosa nasconde. Tra l'altro non ho mai letto Lovecraft però il suono sordo dei tamburi che proviene da un pozzo mi sembra una bella citazione al signore degli anelli e a Tolkien.
RispondiEliminaCiao, ti ringrazio per l'apprezzamento ed il tempo dedicatomi. L'idea era quella di un precipitare, per questo il ritmo è un po' più rapido nella seconda parte.
EliminaSicuramente non è finita qui. Quel pozzo ed i suoi misteri non verranno abbandonati.
Tolkien è sempre nel mio cuore, ma se ti capitasse di leggere Lovecraft non tirarti in dietro.
A presto per altre tue osservazioni.
Complimenti ...
EliminaGrazie. Hai sentito la versione audio?
EliminaOddio! Già senza leggere i commenti avvertivo uno spiccato gusto lovecraftiano, prima ancora che i mostri sbucassero dal pozzo: bastava quest'ultimo, insieme al colore.
RispondiEliminaMi è piaciuto!
Grazie, anonimo. I tentacoli della nera fantasia del maestro di Providence non mi lasciano mai.
EliminaRacconto stupendo. Ho scoperto il tuo blog da poco, e devo dire che sei bravissimo. Inoltre noto con piacere che gli autori che ti ispirano sono anche i miei autori preferiti. Mi piacerebbe moltissimo realizzare un audioracconto da questa storia (naturalmente non mi permetterei mai senza prima consultarmi con te! Se accetterai sarai inserito tra i crediti e "linkato" a dovere) Se vuoi dare un'occhiata al mio canale youtube l'ho inserito come sito internet nel mio nome. Per il momento ho sviluppato solo due audioracconti, ma conto di farne molti altri presto... grazie in anticipo, qualunque sia la tua decisione. Sentiti libero di ignorare il mio commento, nel caso in cui tu non sia interessato :)
RispondiEliminaCiao E.B. Ti ringrazio per il tuo parere così immeritevolmente favorevole. Il progetto mi intriga. Vado a sentire i tuoi lavori.
EliminaCaro AGO e con questo racconto,ho letto praticamente tutte e dico tutte le tue opere postate in questo tuo ottimo blog.
RispondiEliminaHo lasciato per ultimo la lettura questo racconto,hai dato come sempre ottima prova di scrittore ma stavolta addirittura pure molto di più!
E un racconto horror con la H non Maiuscola...ma bensi gigante come H gigante sta al celebre scrittore HL a cui questa storia ti sei ispirato, una storia veramente inquietante,ombrosa,c'è un alto livello di paura e di angoscia,come se si "respirasse" quel luogo,le creature che escono dal pozzo sono di una malvagità e di una diabolicità unica.
L'ho letto poco fa,è ancora ho i brividi,inoltre aggiungendo pure il fatto che su youtube ho avuto il piacere sono ascoltare anche l'audio racconto fatto dal bravissimo Emilio Bologna...e ho detto TUTTO!
AGO amico mio non vedo l'ora di leggere o sentire altri tuoi racconti,tra cui leggere le battute finali dell'inchiesta del tenente Dellastiara
Grazie AGO per l'emozioni che mi hai dato e che mi darai in queste tue opere cosi variegate e ben strutturate.
Un grazie infinito dei tuoi consigli e dei tuoi interventi in tutti i post!
Sei un grande,AGO e dico davvero!!!!
:-)
Caro Giuseppe, sono onorato dell'attenzione che hai riservato ai miei lavori. Sono felice e orgoglioso di averti appassionato e spero di non deluderti con le prossime pubblicazioni.
EliminaPurtroppo sono uno che scrive "di pancia" nel senso che non ho affinato un metodo quotidiano di scrittura, né riesco a ritagliarmi il tempo sufficiente. Devo buttare giù quello che ho dentro, nel momento in cui l'ho in testa, quindi sono un po' discontinuo nelle pubblicazioni. Però abbi fede. Il tenente sta per concludere le sue vicissitudine e ho altre cose in mente...
Grazie ancora per tutto.
Un abbraccio caro amico