martedì 21 maggio 2013

Non è la fine - racconto noir (Dellastiara, ep. 5)


Alzo la testa da una superficie piana. Fredda. Una rivolo di bava ci tiene uniti. Lo asciugo con la manica.
Metto a fuoco a fatica il posto in cui mi trovo. Una stanza ampia. Rumori. Luce. Troppa.
Richiudo gli occhi che bruciano e formicolano.
Cazzo sono uno sbirro, penso. Dovrei essere sempre all’erta non metterci due ore a svegliarmi. Cosa cazzo è successo? Dove mi trovo?

Una voce come di registratore rotto si fa strada nei sensi annebbiati. Ti sei fatto una bella dormita, eh tenente?
Una mano mi afferra la spalla. Tieni questo dice la stessa voce, porgendomi un contenitore, un secchio. Non saprei.
Mi sale un conato dalle viscere. Vomito in quel provvidenziale catino.
Cristo, fa Endi. Non dovevo darti tutta quella roba. Avevo dimenticato che non reggi l’alcol.
Endi mi alza. Fraterno abbraccio. Mi porta nel bagno e mi caccia la testa con tutto il cappello sotto l’acqua fredda. Sputo e annaspo. Mi sveglio.
Ecco qua tenente, prendi l’asciugamano che ti preparo un caffè. Si allontana scuotendo la testa.
Lo specchio mi guarda con una faccia sbattuta. Gli occhi cerchiati da panda triste. L’espressione ancora sbigottita. Cosa cazzo è successo?
Mi ricordo perfettamente che ieri sera ho incontrato quella bionda. Quell’essere infernale mi aveva attaccato con le sue immonde fauci vaginali. Mi ricordo che dopo la fuga sono scappato e mi sono ritrovato qui. Endi mi ha dato da bere. Maledetto fantastico Endi.
Ricordo uno strano odore, che mi perseguitava. Un odore di marcio e sporco. Ricordo che mi guardai i vestiti, scoprendo che non erano i miei. L’odore veniva da lì. In testa avevo un cappello. Neanche quello mio. Seduto al banco l’occhio mi cadde sulla foto di Sergio e Lucky. Riconobbi il cappello. Per niente fortunato, cazzo.
Ignorando i consigli del mio amato barista, uscii di nuovo nella notte in cerca del mio “cliente”. Non sapevo come avrei detto a Sergio che il suo più caro amico, il suo compagno di sventure, era stato divorato da un mostro. Surreale avventura. Nessun lieto fine.
Lo cercai per ore nei vicoli intorno al parco dove era stata scattata la foto, con il cuore che batteva all’impazzata, per il terrore di essere braccato da qualcosa uscito da un incubo. Infine lo trovai. Un vicolo buio, naturalmente.
Stava seduto con la schiena ritta, appoggiato al muro marcio di una casa in rovina. Attorno a lui tutto era caos. C’erano oggetti sparsi ovunque. I pochi oggetti posseduti da Sergio e forse anche qualcosa di Lucky.
Aveva gli occhi sbarrati. Il respiro corto. Rapido.
Sergio, lo chiamai scuotendolo leggermente, Sergio ho bisogno di parlarti. Lui si voltò verso di me, rientrando come da una dimensione onirica, come uscendo dal suo rifugio sicuro. Mi guardò forse senza vedermi.
Sergio ho trovato Lucky. Voglio dire, pausa, so cosa gli è successo. Purtroppo non tornerà da te.
Non potevo dirglielo diversamente. Doveva capire. È morto. Lucky è morto, mi dispiace Sergio.
Ricordo che mi sembrò in preda ad una febbre molto alta. Scosso da brividi piegò la testa bofonchiando. Un pianto dirotto. Quando alzò la testa, il pianto divenne una risata. Orribile, fredda, infernale. Una risata che avevo già sentito.
E così eccoci di nuovo, disse Sergio. Non era lui in realtà. Qualcuno, qualcosa parlava attraverso la sua bocca. Mi guardava attraverso gli occhi opachi della morte.
Ci rivediamo tenente. Non è un caso. La sua voce mi bloccò per un attimo il cuore. Inerme e terrorizzato.
Il corpo di Sergio mi cadde addosso, senza vita. Attorno vidi una tenebra fredda di malvagità senza senso, che si dissolse tra le ombre del vicolo.
Lasciai il corpo di Sergio lì dov’era. Tornai da Endi. Mi ricordo la paura che si trascinò con me lungo le strade. Mi ricordo il calore del bar e dell’alcol. Mi ricordo il viso preoccupato di Endi che mi spingeva in un angolo per farmi smaltire la sbronza.
Adesso in questo fetido cubicolo ricordo tutto. E ho paura. Chi o cosa è quella creatura che mi perseguita?
Sotto il cappello floscio e bagnato il mio riflesso allo specchio. Inquieto e folle.
Non è finita qui, mi dico. La fuori mi attende un nemico.
Solo l’immagine nello specchio sorride.

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un racconto noir di AGO

6 commenti:

  1. l'incubo che rincorre il proprietario, tenente arma la tua mano se credi serva a qualcosa.
    il peggior bar di tutti i tempi è sempre aperto, forse è in questi posti dove si incontrano le storie borderline, non nelle riviste patinate.
    un saluto da endi.

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    1. Amo i bar dove si incontrano le storie borderline.
      E adoro i baristi poeti.

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  2. Tu sei un maledetto genio. E credo di aver già detto troppo.

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    1. Genio e maledetto. Le mie parole preferite.
      Grazie Bethsda505!

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  3. Sei un genio maledettamente bravo AGO,questa quinta parte non fa altro che accrescere la tensione e la paura non solo del tenente,ma anche del lettore stesso.
    Il racconto oltre che ad essere un Noir,con elementi Eros e Mystery ha una grossa dose di "sovrannaturale"e mi chiedo giustamente chi è questa oscura figura....bè lo scopriremo nelle prossime puntate!

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