Il tenente Dellastiara seguì la figura di donna nel dedalo di vicoli
bui. Arma alla mano.
Pensava di conoscere la città ma evidentemente si sbagliava. Non aveva
mai percorso qui budelli neri. Quelle arterie oscure, che pulsavano
malsanamente dietro alle scintillanti facciate dei palazzi.
Ad ogni angolo vedeva svolazzare e scomparire una gamba, un lembo di
pelliccia o una ciocca di capelli. La sua preda. Nelle pozze di luce dei
lampioni abbassava la pistola, per non creare panico tra i possibili abitanti
di quel labirinto fetido, che si acquattavano dietro a finestre dai vetri rotti
o cancellate scrostate.
L’ultimo vicolo. Passi nel buio quasi totale. Rifiuti e pozzanghere
rimandavano qualche barbiglio di luce, proveniente da chissà dove. Nonostante
tenesse i sensi all’erta, il tenente sbatté contro un corpo caldo. Solo quando
il viso affondò nei capelli di lei, avvertì quel profumo. Il suo profumo. Solo
quando fu addosso alla pelliccia sontuosa e ne percepì la morbidezza, capì di
esserle piombato addosso, senza nemmeno accorgersene.
Lei gli prese la mano e lo guardò. I suoi occhi non si vedevano in
quel vicolo d’inchiostro, ma Dellastiara sentì chiaramente il suo sguardo
penetrarlo e perlustrarlo.
Un infinito attimo di indecisione. Da cacciatore divenne preda. Da
preda, cacciatrice.
Si avvicinò all’orecchio del tenente. Vieni con me, disse.
Il suo sesto senso da sbirro si era messo a strillare come una sirena
d’ambulanza. Lui semplicemente lo ignorò.
In preda ad un’eccitazione che non si ricordava, il tenente seguì
docile la donna, che lo condusse su per una stretta scalinata. Ripida. Dove la
sua posizione gli consentiva di ammirare le splendide ferine gambe dalla pelle
bianchissima.
La stanza sembrava d’albergo. Una bettola fatiscente dove un letto,
una poltrona e un armadio sgangherato completavano l’arredo. Il bagno era un
antico vaso da notte con acquaio. Sparsi sul pavimento c’erano vestiti. Odore
penetrante.
La donna condusse Dellastiara davanti alla poltrona e lo fece sedere.
Davanti a lui si mosse come un serpente per far scivolare via la pelliccia e
rinascere nuda dalla vecchia pelle. Nuda e bellissima.
Dellastiara si alzò dalla poltrona. Confusione. Eccitazione.
Gli infilò le mani nella camicia. Le sue mani morbide sulla pelle
sudata. Gli tolse la camicia. Solo allora il tenente si accorse di avere ancora
in mano la pistola, che lasciò cadere con un tonfo sordo.
Le mani curiose e impudiche si infilarono nei pantaloni, per
accarezzargli la verga furiosa. Poi lo denudò. Mi piaci, disse e lo spinse di
nuovo seduto.
Tenendolo inchiodato col solo sguardo, si accovacciò su di lui,
guidandolo dentro il suo corpo. Muovendosi in un voluttuoso massaggio. Una
danza d’amante.
Dellastiara accarezzò il corpo liscio e sodo. Strinse natiche e seni.
Leccò, morse. Niente esisteva più per lui. Non gli era mai capitata una cosa
simile. Altro che le scopate non prima della fine della fiction su rai uno.
Altro che ora no, andiamo a fare la spesa.
Ora si trovava a godere. Basta. Occhi chiusi e sudore. Brividi.
Lei cominciò a muoversi con sempre più foga. Stringendo dentro di se
il suo amante. Il profumo si mutò in odore. La sua irruenza.
Il sesto senso da sbirro uscì dall’angolo in cui era stato cacciato e
riprese il suo allarme.
Nell’attimo dell’orgasmo Dellastiara aprì gli occhi. Non si aspettava
quello che vide. Non lo avrebbe mai dimenticato.
La donna si era come divisa in due. Una bocca si era spalancata dalla
vagina fin quasi alla gola. Un pozzo oscuro irto di zanne e denti. E urla
disperate.
Dellastiara riuscì a spostarsi, prima che le fauci demoniache si
chiudessero su di lui. Afferrare la pistola e fare fuoco fu tutt’uno. Il demone
si dibatté sul pavimento in preda al dolore, come una tarantolata. A
Dellastiara venne in mente il replicante di Blade runner.
Pochi secondi di agonia e il movimento cessò. Un liquido nauseabondo
cominciò ad uscire da quel corpo orrendo. Dellastiara fuggì nudo nel corridoio
aspettandoselo pieno di gente
allarmata dagli spari. Ma non trovò nessuno. Rabbrividendo per il freddo e la
paura si vestì quanto poté e corse fuori.
Per ore girovagò per la città senza una meta precisa.
Trovò un bar e si sedette al banco. Il solito tenente? Chiese la voce
di Endi da una distanza incommensurabile. Cosa diavolo ti è successo? Aggiunse
poi.
___
un racconto noir di AGO
si incastra benissimo con i racconti precedenti, mi devi dire come ti è venuto in mente questo colpo di genio. anche l'ambientazione in cui si svolge il racconto mi piace ed è ben descritta. apri anche un nuovo scenario su nuove avventure del tenente.
RispondiEliminasolo una cosa ago, di al tenente di cambiare bar, quello è troppo malfamato :)))))))
Il tenente Dellastiara bussa da un po' al mio uscio, anche se per ora è incerto e indefinibile come un'immagine riflessa in una pozzanghera mossa.
RispondiEliminaQuarta parte intensa ed emozionante,che rimanda moltissimo al capitolo 0 il prologo ma stavolta il tenente Dellastiara e stato "fortunato" merito anche del fidato ferro che non tradisce mai (per dirla alla Clint Eastwood).
RispondiEliminaQuesto quarto capitolo AGO aggiungendo tra le tante cose anche il giusto tocco di eros il lettore ne resta invischiato,come dicevo io e gli altri utenti nei commenti precedenti,la storia rappresentata la si "vive" in pieno
Quinta parte arrivo!!!!
un tocco di eros ci vuole sempre. giusto una punta
Elimina