sabato 14 maggio 2011

Proxima - racconto di fantascienza

Siamo in viaggio da quasi due secoli ormai. Abbiamo attraversato la galassia per raggiungere la stella più vicina al Sole. Infatti eccola là: Proxima Centauri.
Gli scienziati e gli astronomi della Terra erano riusciti a scrutare al di là degli spazi siderali. Avevano visto dei pianeti ruotare stupidamente attorno a questa fiamma nel vuoto del cosmo, come falene attorno a una candela.
Così le agenzie spaziali americana ed europea avevano creato una nave spaziale, capace di affrontare un viaggio che nelle stime degli esperti sarebbe durato circa 40 anni, grazie ad un motore a ioni che le avrebbe impresso una spinta pari a quasi la metà della velocità della luce.
L’equipaggio era stato selezionato e contava cinquanta persone, tutti al di sotto dei venticinque anni di età. Venticinque uomini e venticinque donne. Tra le menti più geniali del nostro pianeta. Le venticinque coppie erano unite da una sorta di matrimonio scientifico. Dovevano accoppiarsi e procreare, così che la seconda generazione avrebbe potuto sbarcare su uno di quei pianeti. E colonizzarlo.


Ci fu però un incidente. Dopo circa diciotto anni dalla partenza i motori a ioni smisero di funzionare. Così, di punto in bianco. Non ci fu proprio nulla da fare. Mancò poco che dalla frustrazione non fu proprio l’ingegnere capo a distruggerli, quei maledetti motori. Almeno così mi raccontano. Ora lui è morto ed il suo corpo è stato usato per fertilizzare le coltivazioni nella serra.
Dicevo dell’incidente. Da quel punto non si poteva tornare indietro. La nave era imprigionata nelle forze gravitazionali dell’universo. Ormai si poteva solo proseguire. Questa constatazione costrinse a trovare un metodo di propulsione nuovo. L’energia dei pannelli solari venne dirottata alla sala macchine. Altri pannelli furono costruiti ed installati.
Nuovi impianti di riciclo dell’aria, di recupero e riutilizzo dei rifiuti, di produzione di acque potabili furono riprogettati e messi in funzione. Un’impresa incredibile dati i mezzi a disposizione. Con un unico neo. Lo spazio. Bizzarro no? Essere nello Spazio e avere mancanza di spazio... quasi mi viene da ridere.
La nave era progettata per una capienza massima di circa cento persone. Dato che il viaggio si sarebbe prolungato enormemente e che la maggior parte delle coppie aveva già procreato, ci si interrogò su come evitare che una nave di morti atterrasse su un pianeta inesplorato. La soluzione era logica. La terza generazione avrebbe dovuto eliminare la prima. Non solo. Ogni coppia avrebbe dovuto procreare solo due figli di sesso diverso, in modo da mantenere stabile nel tempo il rapporto tra i sessi della popolazione. Terribile, è vero, ma comunque necessario. Le gravidanze sono monitorate e gli aborti “terapeutici” frequenti. Alla nascita di un bambino maschio viene sacrificato un maschio anziano. Così stiamo sopravvivendo. Uccidendoci.
Dopo così tanto tempo dall’inizio del viaggio, la meta è finalmente vicina. Se tutto andrà bene Antony, tra qualche anno la tua generazione, la sesta, toccherà il suolo del pianeta che gira attorno a Proxima Centauri. Accarezzerete strane piante. Respirerete l’aria fresca. Esplorerete un intermo mondo nuovo. Sono cose che io non riesco neanche ad immaginare. Non le ho mai fatte. Non le farò. Perché vedi Antony, tu oggi sei nato e per questo io domani sarò morto.

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Un racconto di fantascienza di AGO

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4 commenti:

  1. bel racconto, interesante anche come hai sviluppato dell'alternanza delle generazioni per risolvere il problema dello spazio all'interno dell'astronave.
    poi si conclude con una cosa che penso da sempre, saremo noi gli alieni?

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  2. Questo racconto di fantascienza di ha estasiato tantissimo!
    Chissà magari un giorno questo tuo "racconto" sarà realtà.
    Per esplorare mondo cosi lontani,bisognerebbe costruire una nave spaziale cosi,o meglio una sorta di città (e in continua evoluzione) spaziale e volante.
    Ma per arrivare a tali tecnologie passeranno tanti secoli.

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    1. Troppo buono Giuseppe!
      Intanto come ci siamo scritti altrove, viaggiamo con la fantasia...

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